A cura di @RNiK.
Secondo un articolo apparso su Science Alert, tutti gli scenari di guerra nucleare studiati sinora simulano la possibilità che una potenza nucleare, una volta attaccata, risponda con la stessa moneta (il modello MAD: Mutually Assured Destruction, ovvero distruzione reciproca assicurata).
Lo studio A National Pragmatic Safety Limit for Nuclear Weapon Quantities guidato da Joshua Pearce della Michigan Technological University si concentra invece sulla possibilità che, in seguito ad un attacco nucleare da parte degli USA, nessuno contrattacchi con armi nucleari: lo scopo dello studio è di verificare quali siano le eventuali conseguenze per gli USA in questo “best case scenario”, ovvero nella migliore delle ipotesi.
I risultati sono scoraggianti e si basano sul concetto del contraccolpo ambientale: oltre al fallout radiativo, difatti, occorre tenere in considerazione la possibilità che un attacco nucleare scateni un inverno nucleare, ovvero l’oscuramento del sole da parte delle nubi di fuliggine, con conseguente raffreddamento dell’atmosfera, riduzione delle piogge, danni per l’agricoltura e successiva carestia.
Secondo i calcoli dei ricercatori, 7.000 testate lanciate dagli USA farebbero innalzare circa 30 milioni di tonnellate di fuliggine generando un inverno nucleare su vasta scala che causerebbe la morte per fame di circa 5 milioni di americani.
Lanciando “solamente” 1.000 testate il risultato sarebbe 12 milioni di tonnellate di fuliggine, ovvero la morte per inedia di 140.000 persone.
Per arrivare ad uno scenario in cui nessuna persona della potenza attaccante muoia, occorre ridurre la portata dell’attacco a 100 testate nucleari: i suoi 4 milioni di tonnellate fuliggine causerebbero una specie “autunno nucleare” che eviterebbe l’innesco di quella catena di eventi che porterebbe ad un suicidio nucleare da parte dell’attaccante.
Immagine da Pixabay.
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