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La morte del Marxismo analitico (accademico)

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Joseph Heath, professore di filosofia nell’Università di Toronto, scrive un  articolo intitolato “John Rawls and the death of Western Marxism”, nel quale descrive come sia cambiata la percezione del Marxismo analitico in ambito accademico.

Quando ero studente universitario, durante gli ultimi anni della guerra fredda, la cosa di gran lunga più entusiasmante che accadde nel campo della filosofia politica fu la potente rinascita del marxismo nel mondo anglofono. La maggior parte di questo lavoro veniva svolto sotto la bandiera del “marxismo analitico” (noto anche come “marxismo senza stronzate”), in seguito alla pubblicazione di Karl Marx’s Theory of History: A Defense di Gerald Cohen (e alla sua successiva elevazione alla cattedra di Chichele in Scienze Sociali e Filosofia politica a Oxford). Nel frattempo, in Germania, il compatto Legitimationsprobleme im Spätkapitalismus di Jürgen Habermas prometteva di rinvigorire l’analisi di Marx delle crisi capitaliste nel linguaggio della teoria dei sistemi contemporanea. È stato un momento emozionante per essere un giovane radicale. Si potrebbe dire, senza esagerare, che molte delle persone più intelligenti e importanti che lavoravano nella filosofia politica erano marxisti di qualche tipo.

A distanza di qualche decennio, però, la situazione è drasticamente cambiata

tutti quei marxisti e neo-marxisti intelligenti e importanti, facendo tutto quel lavoro di grande livello, divennero liberali. Tutti i teorici al centro del movimento del marxismo analitico – non solo Cohen, ma Philippe van Parijs, John Roemer, Allen Buchanan e Jon Elster – così come gli eredi della Scuola di Francoforte come Habermas, finirono per abbracciare qualche variante della visione che divenne nota come “egualitarismo liberale”. Naturalmente, questa non era una capitolazione al vecchio “liberalismo classico” del 19° secolo, era piuttosto una defezione allo stile del liberalismo moderno che trovò la sua espressione canonica nell’opera di John Rawls.

Heath cerca di spiegare come sia successo analizzando le difficoltà poste dal tentativo di dare valore normativo a concetti fondamentali del Marxismo quali sfruttamento e teoria del  valore, alla luce degli scritti dei maggiori teorici della corrente analitica

Ciò ha portato Cohen a rendersi conto che, quando è arrivato il momento critico, si preoccupava più della disuguaglianza che dello sfruttamento, perché il modo in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri come esseri umani è fondamentalmente più importante del nostro diritto di esercitare la proprietà su ogni ultimo frammento di ciò che produciamo col nostro lavoro. Così cambiò fondazione e divenne un egualitario (e – anche se avrebbe odiato la descrizione – un liberal).

Un ruolo centrale ha avuto il pensiero di Rawls

Ciò che Rawls aveva fornito, attraverso il suo sforzo di “generalizzare e portare a un livello più elevato di astrazione la familiare teoria del contratto sociale”, era un modo naturale per derivare l’impegno per l’uguaglianza, come principio normativo che governa le istituzioni fondamentali della società. Il rawlsianesimo diede quindi ai marxisti frustrati l’opportunità di tagliare il nodo gordiano, fornendo loro un quadro normativo in cui potevano esprimere direttamente la loro critica al capitalismo, concentrandosi sulle parti che trovavano più discutibili, senza richiedere alcun coinvolgimento nel complesso apparato della teoria marxista.

In un commento all’articolo Justin Weinberg, professore di filosofia a USC, sviluppa la questione, riconoscendo il ruolo di Rawls ma sottolineando come

potrebbe valere la pena riconoscere in modo un po’ più esplicito che Rawls ha fatto ciò incorporando le idee marxiane nella sua teoria liberale, ad esempio, sottolineando il ruolo che le istituzioni di fondo della società svolgono nelle prospettive di vita di un individuo e nel valore delle sue libertà. Marx dice che “uno stato può essere uno stato libero senza che l’uomo stesso sia un uomo libero”, e Rawls sembra prendere posizione su questo punto riconoscendo che i diritti formali di non interferenza, senza un’adeguata base materiale assicurata dalla struttura fondamentale della società, sarebbe insufficiente per la libertà. Vedi anche l’idea di Rawls di una democrazia proprietaria.

Un modo diverso di esprimere la cosa sarebbe dire che, proprio come Heath potrebbe affermare che Rawls ha ucciso il marxismo con il liberalismo, si potrebbe immaginare un liberale classico che afferma che Rawls ha ucciso il liberalismo con il marxismo (che suppongo sia un’interpretazione di alcune delle critiche di Nozick a Rawls in Anarchia, Stato e Utopia).

Per concludere che

Alcuni lettori senza dubbio non saranno d’accordo con il fatto che Heath descriva Rawls come “trionfatore” sul marxismo. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che ritengono che le voci sulla morte del marxismo siano esagerate, ma forse anche perché il linguaggio della vittoria e della sconfitta può sembrare inadeguato. Forse una metafora migliore sarebbe invece quella in cui il marxismo è una scala che viene salita e poi messa da parte?


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