La transizione tra l’età antica ed il medioevo è ancora oggi un tema storico fortissimamente dibattuto. Secondo la tesi tradizionale un ruolo fondamentale fu giocato dall’affacciarsi sul teatro Mediterraneo della prima, grande epidemia di peste.
“La peste Giustinianea fu sicuramente una delle cause principali che portarono al crollo della civiltà urbana, già fortemente indebolita dalle vicende belliche ed economiche, nei territori appartenuti all’impero Romano o all’epoca ancora controllati da Costantinopoli, segnando il definitivo passaggio dall’antichità al Medioevo.”
Tale ricostruzione si fonda per lo più su fonti letterarie, in specie Procopio di Cesarea, del quale è però nota l’avversione per lo stesso Giustiniano.
Uno studio del 2019, condotto su fonti extra-letterarie, mette però in dubbio la visione tradizionale, sminuendo la portata dell’epidemia e il suo impatto, tanto da farne solo uno, e non il più significativo, dei fattori che portarono alle profonde trasformazioni occorse nel periodo.
Le stime di mortalità esistenti affermano che la peste di Giustiniano (dal 541 al 750 d.C. circa) causò decine di milioni di morti in tutto il mondo mediterraneo e in Europa, contribuendo a porre fine all’antichità e all’inizio del Medioevo. In questo articolo, sosteniamo che questo paradigma non si adatta alle prove. Esaminiamo una serie di set di dati quantitativi e qualitativi indipendenti che sono direttamente o indirettamente collegati alle tendenze demografiche ed economiche durante questo periodo di due secoli: fonti scritte, legislazione, monete, papiri, iscrizioni, polline, DNA antico e archeologia mortuaria. Individualmente o insieme, non riescono a sostenere il paradigma massimalista: nessuno ha un chiaro legame indipendente con le epidemie di peste e nessuno supporta le ricostruzioni massimaliste della peste tardoantica. Invece di una mortalità dirompente su larga scala, se contestualizzati ed esaminati insieme, i set di dati suggeriscono una continuità durante il periodo della peste. Sebbene i cambiamenti demografici, economici e politici siano continuati tra il VI e l’VIII secolo, le prove non supportano l’affermazione ormai comune che la peste di Giustiniano ne fosse un fattore causale primario.
Gli autori hanno analizzato le evidenze disponibili per il VI secolo sulla produzione di papiri ed epigrafi, sul conio di nuove monete, ma anche sulle abbondanze relative di pollini. Nessuno di questi indicatori sembra puntare ad una catastrofe di portata simile a quella della Peste del 1348. Invece, le evidenze sembrano indicare una sostanziale continuità delle attività umane nel bacino del Mediterraneo.
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