un sito di notizie, fatto dai commentatori

A cosa servono i commenti?

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Una carrellata di articoli sui commenti alle notizie online.

Il primo articolo, a firma Philip Di Salvo su Wired, si intitola Chi commenta e condivide gli articoli online? e illustra le conclusioni di uno studio apparso su Social Media + Society (2017).

 Le persone con un credo politico molto radicato, sia di destra che di sinistra, sono a loro volta più portate a commentare e condividere gli articoli sia sui siti che sui social media. Infine, le persone con un marcato interesse per le hard news – il giornalismo serio –, sono quelle più portate a commentare le notizie sia sui siti dei giornali che sui social media e a condividerli su questi ultimi (ma non via mail). Le correlazioni sono simili in tutti i sei Paesi oggetto dello studio, scrivono i ricercatori.

Nel 2013 (quindi prima che Il Post chiudesse e poi riaprisse lo spazio per i commentatori), su Il Sole 24 Ore, Francesco Costa scriveva con sicurezza (opinione ribadita su EJO):

Quello che sappiamo è che persino siti con milioni di lettori al giorno hanno poche centinaia di commentatori fissi: niente che allarghi gli orizzonti e il pubblico del giornale, niente che influisca in alcun modo sui dati di traffico, niente che migliori la qualità delle pagine su cui scrivono. Anzi, spesso la qualità precipita. I commenti non attirano nuovi utenti e lettori: spesso li respingono. Piuttosto che “creare community” – un mantra dell’internet del secolo scorso – nella nostra epoca le nicchie di commentatori distruggono le community (questa è la conclusione a cui è arrivato Gawker, altro sito americano di news di grande successo). L’idea che basti supervisionare i commenti per renderli utili è illusoria, come mostra la decisione dell’Huffington Post – e non c’è giornale in Italia che considererebbe utile assumere 3 persone, figuriamoci 40, per controllare i commenti.

Quasi un decennio dopo Anna Masera risponde ad un lettore su La Stampa per spiegare l’evoluzione in materia.

Siamo colpiti perché semmai i lettori reclamano quando non trovano lo spazio per commentare in fondo agli articoli. I giornali online stanno tutti sperimentando nuovi servizi per i lettori e sono in costante evoluzione. Ne scriveva già anche Marianna Bruschi, che del nostro sito web è l’attuale caporedattrice, due anni fa: il giornalismo deve coinvolgere il pubblico (le parole chiave del giornalismo anglosassone sono «engaged», «community-driven»). Di tutto questo, offrire la possibilità di commentare gli articoli è il tassello di partenza. Il servizio attualmente offerto è un widget lanciato all’inizio dell’anno e applicato solo ad alcune sezioni, ma sarà esteso a tutte proprio per venire incontro alla richiesta della comunità dei lettori della Stampa. Perché non sono tutti sui social. Attualmente circa 4 mila lettori al mese si collegano almeno 15 mila volte sul sito web de LaStampa per commentare i nostri servizi. Una piccola comunità che si aggiunge alla comunità che legge e basta e alla comunità che preferisce interagire con noi sulle piattaforme social. Il servizio è moderato, e quindi per il giornale ha un costo, per offrire un ambiente sicuro al pubblico. E ci sembra che la grafica sia chiara a tutti per capire la differenza e la separazione tra i contenuti prodotti dal giornale e i commenti provenienti dai lettori, ma sicuramente sperimenteremo nuove soluzioni.

Quindi sembrerebbe che da un rigetto iniziale, le testate online si siano pian piano riavvicinate ai commentatori, con siti come la BBC, Le Figaro, El País e molti altri che ad oggi permettono di commentare almeno una parte degli articoli.


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