In un’intervista pubblicata su Il Tascabile, il biologo e filosofo francese Jean-Jacques Kupiec discute del suo ultimo libro, La concezione anarchica del vivente.
Lei parla di teoria determinista della genetica. Cosa significa?La genetica dice che siamo determinati dai geni. Con la biologia molecolare, venuta poi, è apparso il concetto di programma genetico. Si è detto: i geni formano un programma genetico, nel DNA, un programma che governa il funzionamento degli esseri viventi e che soprattutto governa lo sviluppo embrionale, cioè come dall’uovo fecondato, una cellula sola, si costruisca l’embrione, fatto di miliardi di cellule, che a sua volta si sviluppa fino a diventare un essere adulto; tutto quanto governato da un programma. Questo è il determinismo della genetica: lo sviluppo dell’individuo è programmato ancor prima di esistere.Per come la racconta sembra quasi il vangelo secondo Giovanni, “in principio era il logos e il logos era presso Dio…”Ma è così: è una versione materialista, in apparenza, ma di una teoria idealista ben più antica. In fisica l’uomo si credeva al centro dell’universo fisico ed è servito Galileo e poi altri per ribaltare quest’idea. In biologia si immagina che l’individuo adulto sia il centro e la finalità della biologia stessa. Quando guardiamo all’embrione che si sviluppa, la nostra idea è che ciascuna delle cellule non esista per se stessa hic et nunc, qui e ora, ma esiste in vista di un progetto futuro che è l’adulto, quella totalità che siamo noi stessi. Insomma, si dice che c’è un piano dell’organismo che si realizza nel corso dello sviluppo, per un fine. La teoria è anche finalista. È un’ontologia ben più antica: quella della “forma” di Aristotele, l’eidos. La causa formale che è ciò che mette in atto, ed è anche il progetto con un fine; e il programma genetico è la stessa cosa e il suo fine è costruire l’essere. Se parliamo con un genetista, dirà che no, le cose sono in effetti più complicate ma quel doppio discorso della genetica di cui parlavo prima dura da un secolo. La teoria che invece propongo è che le cellule esistono all’inizio per loro stesse, reagiscono alle loro condizioni di esistenza locali, qui e ora. È attraverso le relazioni sociali tra cellule che si costruisce un individuo. Noi siamo persuasi che ci siamo solo noi, ma siamo società cellulari.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.