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Le battaglie dei lavoratori al porto di Napoli

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

Riccardo Rosa ha realizzato per Internazionale un reportage sulla situazione lavorativa nel porto di Napoli, dove tra i lavoratori continua a registrarsi dal maggio scorso uno stato di agitazione dovuto sia al mancato rinnovo del contratto nazionale che alla spinosa questione della cosiddetta autoproduzione, pratica attraverso la quale le compagnie delegherebbero ai marittimi, spesso senza tutele e sottopagati, il compito di fissare le merci sulle proprie navi, aumentando così il rischio non solo di infortuni tra il personale di bordo ma anche di pesanti ricadute occupazionali e salariali sui lavoratori portuali.

Sicurezza dei lavoratori, strapotere delle multinazionali, stallo sul contratto nazionale. Il porto di Napoli è un luogo di osservazione privilegiato per provare a capire cosa succede anche in altri scali italiani. Per cominciare, bisogna fare un passo indietro e tornare al 23 maggio scorso, giorno in cui i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero nazionale nel settore.

Sono le dieci del mattino e il cielo è abbastanza cupo. La strada per il porto è bloccata. Al molo Beverello – dove ci si imbarca per le isole del golfo – turisti e pendolari affollano biglietteria e banchina, mentre al bancone del bar i camerieri servono caffè a ritmi serrati. Il varco Pisacane è dominato dall’edificio dell’autorità di sistema portuale mar Tirreno centrale, l’ente che amministra il porto, commissariato per quattro anni e attualmente guidato da Pietro Spirito, ex manager delle Ferrovie dello stato vicino al Partito democratico.

Nella rotonda davanti al palazzo, gli operai della cooperativa unitaria di lavoratori portuali (Culp) chiacchierano sul da farsi. Qualcuno sventola la bandiera con il logo della cooperativa. Appoggiati a un albero i vessilli dei sindacati confederali, a poca distanza le insegne di quello di base SiCobas. Anche se qui i loro rapporti non sono idilliaci, i sindacati confederali e quelli di base partecipano insieme alla protesta.

Immagine da Hillmann Flickr.


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