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Le interiezioni nella comunicazione verbale

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Un articolo a firma Bob Holmes, uscito su Sapiens, analizza il ruolo fondamentale delle interiezioni nella comunicazione verbale.
Tradizionalmente considerate superflue, recenti studi dimostrano che queste piccole parole sono essenziali per regolare il flusso della conversazione e negoziare la comprensione reciproca.

Per la maggior parte della storia della linguistica, gli studiosi hanno avuto la tendenza a concentrarsi sulla lingua scritta, in gran parte perché è quella di cui avevano testimonianza. Ma una volta che le registrazioni delle conversazioni sono diventate disponibili, hanno potuto iniziare ad analizzare la lingua parlata allo stesso modo della scrittura. Quando lo hanno fatto, hanno osservato che le interiezioni, cioè brevi espressioni di una o due parole che non fanno parte di una frase più ampia, erano onnipresenti nel linguaggio quotidiano.

Le interiezioni fungono infatti da segnali di pausa o continuazione. Ad esempio, “um” indica che il parlante sta pensando ma non ha finito di parlare, mentre “huh?” segnala un problema di comprensione.

In 31 lingue analizzate, tutte utilizzano una forma breve e neutra simile a “huh?” per segnalare un problema di comunicazione, mostrando che questa interiezione è un’esigenza universale. Questi segnali regolano l’adattamento reciproco ai livelli di conoscenza e interesse tra i partecipanti. Le interiezioni inoltre sono cruciali per sembrare naturali e l’intelligenza artificiale fatica a usarle correttamente, mentre sono centrali per lo sviluppo e l’evoluzione del linguaggio complesso.

Le interiezioni quindi sembrerebbero stare al centro del linguaggio, afferma uno studio di Mark Dingemanse:

Interjections, the words that come between sentences, are easily overlooked and usually treated as peripheral to the language sciences. This review surveys work from disparate disciplines that suggests an inversion of perspective: from interjections as marginal items to interjections at the heart of language. Around one out of every seven turns in conversation is an interjection, and the most common ones are not the involuntary exclamations that typically feature in examples; instead, they form a small set of agile and adaptive interactional tools that streamline everyday language use. Continuers like  help people co-construct complex interactional structures, repair initiators like  help people calibrate mutual understanding on the fly, and change-of-state tokens like  display knowledge as it evolves in interaction. Interjections emerge as words that help us talk and think, scaffolding the complexity of language as we know it. The review critically considers received views of interjections as primitive grunts, affect bursts, or symptoms of strain and provides a number of alternative ways of thinking about interjections.


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