A cura di @NedCuttle21(Ulm).
Su Jacobin Italia, Davide Grasso, il ragazzo torinese che negli ultimi tempi ha combattuto in Siria al fianco dei curdi, spiega le motivazioni che hanno indotto la Procura di Torino a ritenere socialmente pericolose lui e altre quattro persone e quindi ad avanzare la richiesta di applicazione nei loro confronti della sorveglianza speciale.
L’intervento del pubblico ministero Emanuela Pedrotta il 25 marzo, in aula, al Tribunale di Torino, mi ha colpito. L’occasione era l’udienza in cui, a nome della procura, doveva giustificare la richiesta di espellere me e altre quattro persone dalla città per due anni, revocarci il passaporto, metterci al confino in un altro comune italiano, imporci di rientrare a casa ogni sera fino a un certo orario del mattino, presentarci regolarmente all’autorità giudiziaria e portare addosso un “libretto rosso” su cui gli agenti possano annotare i nostri comportamenti. Oltre a questo, sospendere il nostro diritto di riunione con più di due persone, il diritto a parlare in pubblico e quello di partecipare a manifestazioni politiche. Benché possa apparire incredibile, si tratta di una «misura di prevenzione», detta «sorveglianza speciale», che permette allo stato di limitare la libertà dell’individuo senza accuse e senza processo. Rompendo con i principi ordinari dello stato di diritto, è una norma «preventiva» che si basa sull’idea della generica «pericolosità sociale» di certe persone. Un obbrobrio poliziesco a tutti gli effetti, introdotto durante il fascismo, e scandalosamente ancora nell’ordinamento italiano.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.