A cura di @NedCuttle21(Ulm).
Marco Caratozzolo, slavista e docente di Lingua e letteratura russa presso l’Università di Bari, ha tradotto per la casa editrice Sellerio il saggio originale Lenin, un uomo, scritto da Maksim Gor’kij nel 1924 in seguito alla morte del padre della Rivoluzione d’ottobre e rimaneggiato nel corso degli anni dallo stesso scrittore russo per compiacere il regime sovietico. Ne parla un articolo pubblicato su Left.
«Quanto scritto da me su di lui subito dopo la sua morte, è stato redatto in condizione di grande abbattimento, di fretta e male. Alcune cose, non sono riuscito a scriverle per questioni di “tatto”, spero perfettamente comprensibili. Acuto e saggio era quest’uomo, ma “nella grande sapienza, c’è grande dolore”». Con questa citazione dall’Ecclesiaste Maksim Gor’kij, scrittore noto in tutto il mondo, nel 1930 inizia il laborioso rifacimento del saggio che aveva steso a fine gennaio 1924, sull’onda dell’emozione per la morte di Lenin. La notizia lo aveva raggiunto a Sorrento, nella dolce terra partenopea dove ancora una volta, e proprio su consiglio di Lenin, aveva cercato ristoro alla sua salute non solo fisica, mettendosi al riparo dalle violente tempeste che sconvolgevano la patria russa. L’artista lo aveva intitolato, allora, semplicemente Čelovek (Un uomo), scegliendo di disegnare il ritratto privato dell’uomo, lasciando ad altri il necrologio ufficiale: «Non è mio compito parlare di Vladimir Lenin politico». Lo aveva visto per la prima volta a Pietroburgo nel 1905, a una riunione del Comitato centrale del Partito socialdemocratico. Ma Lenin aveva compreso da tempo quanto potesse essergli prezioso l’appoggio dello «scrittore proletario», amico di Tolstoj e di Čechov, e dalla Svizzera si era schierato a suo favore già nel 1901, quando era stato arrestato dalla polizia zarista.
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