Il Tascabile propone una recensione a firma di Paolo Pecere del romanzo Niente di vero, l’ultimo lavoro della scrittrice romana Veronica Raimo.
A volte scriviamo non per elaborare un lutto, ma per inventarlo.
Il libro racconta la vita in una famiglia con parenti molesti, incapaci di sensibilità ed empatia, un padre ipocondriaco, dedito al lavoro e una madre ossessiva e invadente.
I genitori chiamano la protagonista con nomi che non sono il suo – Verika, Oca – lei impara a leggere a quattro anni e condivide pomeriggi di noia infinita con il fratello più grande – genio precoce iperletterato e per questo venerato – a fare giochi di pazienza, a tormentarsi per una questione che nessuno ha il coraggio di formulare: “come facciamo a uscire da questa cameretta? Come facciamo a liberarci?”.
La voce narrante però, anzichè commiserarsi, vede il lato comico e invita a ridere: in questa famiglia tutto ciò che è vitale e importante diventa ridicolo.
Si ride, con un po’ di disagio. Non si ha l’impressione di un racconto deformante, che ci permetta di librarci in un’ebbrezza di superiorità insieme all’autrice, ma di un referto letterale su fatti che hanno una loro intrinseca, spaventosa comicità. La risata che la voce apparentemente imperturbabile della narratrice si lascia dietro come una scia non è derisione dei personaggi, ma tentativo di smarcarsi dall’orrore.
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