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Oltre le banche centrali. Inflazione, disuguaglianze e politiche economiche

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Il Tascabile ci propone una lunga recensione di un recente saggio di Francesco Saraceno, “Oltre le Banche Centrali”, che prova ad analizzare e contestualizzare la risposta alla recente ondata inflattiva.

Il primo aspetto di cui il libro si occupa è uno degli argomenti più sentiti degli ultimi anni: l’inflazione. Il secondo, altrettanto importante ma meno vicino al sentimento delle persone “comuni”, sono gli strumenti per combatterla, l’inflazione. Perché, si domanda Saraceno, la lotta all’inflazione si è trasformata in una faccenda quasi dogmatica che, come vediamo in questi anni, coinvolge una sola categoria di attori (le banche centrali) e una sola categoria di strumenti (le politiche monetarie e l’intervento sui tassi)? E quali sono le possibili alternative al dogma?

Il tema dell’inflazione è annoso e complesso. Se, fino agli anni ’70, la scuola egemone degli economisti era quella keynesiana, che vedeva nella spesa e negli investimenti un fondamentale sostegno alla crescita, dopo lo shock petrolifero e la stagflazione che ne conseguì si aprì una fase di intenso dibattito. Ad uscirne vittoriose furono le idee monetartste, che collegavano direttamente il controllo dell’inflazione alle politiche delle Banche Centrali. L’applicazione di queste teorie inaugura un quarantennio di eccezionale moderazione nei prezzi, anche se con importanti conseguenze a livello di struttura dell’economia. Tutto questo, fino agli anni ’20 del XXIesimo secolo

Di fronte a un’inflazione che ha chiaramente un’origine complessa e multi-sfaccettata (il covid, la guerra, i sostegni all’economia pandemica, la ricomposizione settoriale, il frazionamento geopolitica), l’unica risposta che finora siamo stati in grado di elaborare è il rialzo dei tassi. Una risposta che, scrive Saraceno, equivale a “spegnere una candela con un’idrante”.

La soluzione monetarista, secondo Saraceno, si rivelerà, come sempre, estremamente efficace nella gestione dell’inflazione. Tuttavia, le conseguenze indesiderate di questo intervento, in particolare con l’impatto ull’economia reale ed una probabile recessione, potrebbero essere estremamente alte. Secondo Saraceno, qua dovrebbe intervenire lo Stato, con una vera politica economica che, da una parte, permetta di togliere parte della responsabilità della gestione della stabilità monetaria alle banche centrali, dall’altra permetta di indirizzare e mitigare i principali effetti collaterali delle politiche monetarie.

Non solo perché l’affidarsi soltanto alle banche centrali ha effetti collaterali deleteri ma perché affidarsi soltanto alle banche centrali significa togliere dalle spalle della politica e dello Stato una responsabilità che invece dovrebbe essere anche delle politica e dello Stato. Perché l’inflazione, così come gli strumenti monetari che usiamo per combatterla, è una malattia con sintomi e conseguenze in primis sociali: impoverimento, concentrazione della ricchezza verso i ceti più alti e così via. Pensare che la sua risoluzione debba essere lasciata alla tecnocrazia delle banche centrali è sicuramente conveniente per chi governa nei periodi d’inflazione ma è il riflesso di un’ignavia politica che i problemi del presente e del futuro semplicemente non consentono più.


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