Il 5 febbraio Massimo Arcangeli, linguista e professore ordinario all’Università di Cagliari, ha lanciato una petizione su change.org dal titolo «Lo schwa (ə)? No, grazie. Pro lingua nostra».
Tra i firmatari si possono leggere molti nomi di prestigio, in particolare del mondo accademico, culturale e artistico italiano: Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca; Luca Serianni; Gian Luigi Beccaria; Massimo Cacciari e Ascanio Celestini. Il fatto da cui è partito il testo è il verbale di concorso per «l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia», in cui sono presenti la ə e la ɜ.
Lo schwa e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.), oppure specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), che si vorrebbe introdurre a modificare l’uso linguistico italiano corrente, non sono motivati da reali richieste di cambiamento. Sono invece il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività.
Due commenti per orientarsi nella questione: uno favorevole di Yasmina Pani (video), e uno critico di Matteo Pascoletti su Valigia Blu.
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