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Planetari delle meraviglie, l’universo in una cupola

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Ovvero: il cielo in una stanza.

Su il BoLive dell’Università di Padova si parla di planetari con una intervista a Dario Tiveron, astronomo padovano, presidente di PLANit, associazione planetari italiani.

Quanti sono i planetari in Italia?

“Per motivi storici i planetari italiani sono molti. Per supportare la formazione di una materia che si chiama navigazione astronomica tanti istituti tecnici nautici avevano installato cupole con proiettori che permettessero agli studenti di imparare. Quindi, se consideriamo anche questi, i planetari in Italia sono un centinaio: specifico, un numero non rappresentativo dei planetari oggi aperti al pubblico per la divulgazione, che invece sono meno. Oltre a quelli nelle scuole ve ne sono in diversi comuni, alcuni grandi e importanti. Sono comparsi, inoltre, piccoli planetari itineranti realizzati da associazioni o imprenditori che hanno deciso di provare a fare divulgazione: è semplice, una cupola di tela si gonfia come un pallone ad aria e dentro viene sistemato un proiettore. In PLANit confluiscono tutte queste realtà”.

 

Qual’è il ruolo di un planetario oggi?

Il planetario ha un valore sociale importantissimo: prima di tutto è complemento alla didattica dell’astronomia ma, in senso più ampio, è un luogo che fa sognare, che crea meraviglia, stupore

 

“L’obiettivo del planetario è quello di rendere facilmente comprensibili i movimenti dei corpi celesti. Nel tentativo di fare questo, nel tempo, sono state realizzate molte macchine meccaniche: a Monaco c’è una esposizione che racconta l’evoluzione dei planetari e presenta anche qualche meccanismo precedente. L’idea di creare un cielo finto che sembri vero in una stanza chiusa nasce con il primo planetario moderno: un punto di inizio, perché la tecnologia ha permesso negli anni Novanta di arrivare ai planetari fulldome, tutta cupola. Nei meccanici c’è la sfera che fa luce, quindi posso vedere la Luna, le stelle, i pianeti, posso proiettare qualcosa in un piccolo rettangolo della cupola e basta. Con i planetari fulldome sparisce la macchina centrale e vengono inseriti dei proiettori che operano a tutta cupola: oltre a mostrare le stelle, ora si può decollare dalla Terra cambiando punto di osservazione, andando su Saturno, Marte, Giove, si può uscire dal Sistema Solare, si possono vedere i satelliti. Diventa molto più potente, si impara tutto ciò che l’astronomia moderna ha scoperto”.

 

Su Star Walk 2 un analogo post pubblicato l’anno scorso in occasione della Giornata internazionale dei Planetari che si celebra ogni seconda domenica di Marzo.

Qual è stato il primo planetario?

La storia dei planetari risale all’antichità. La prima rappresentazione conosciuta del cielo è stata trovata nella tomba di Senenmut, un antico architetto egiziano. Archimede, un matematico greco, fu il primo a creare un primitivo dispositivo planetario: intorno al 250 a.C., realizzò un globo di metallo fuso che mostrava i movimenti dei pianeti [vedi qui e qui]. Intorno al 150 d.C., il matematico e astronomo Tolomeo registrò i suoi progetti per un globo celeste. Sebbene questo globo non sia mai stato trovato, le note sulla sua costruzione sono sopravvissute fino ad oggi.

Da ricordare anche il celeberrimo Meccanismo di Antikythera

Uno dei predecessori dei planetari moderni è il planetario meccanico, un modello del Sistema Solare utilizzato per ricreare i moti dei pianeti e dei loro satelliti naturali attorno al Sole. Il primo fu realizzato nel 1704 dagli orologiai George Graham e Thomas Tompion; lo strumento prende il nome da Charles Boyle, IV conte di Orrery, nobile inglese e mecenate delle scienze. Il planetario di Eise Eisinga, il più antico planetario funzionante (che è a tutti gli effetti un planetario meccanico) fu costruito tra il 1774 e il 1781 nei Paesi Bassi.

Ulteriori modelli sono descritti nelle voci enciclopediche sui planetari meccanici della Wikipedia italiana e inglese.

Se i primi planetari meccanici non erano altro che dei modellini animati a qualcuno venne l’idea di proiettare le stelle su una cupola.

“Il 21 ottobre scorso sono iniziate le celebrazioni: quel giorno, nel 1923, in Germania, debuttava il planetario sviluppato da un ingegnere della Zeiss e dal direttore del Deutsches Museum di Monaco. Si tratta del primo proiettore di stelle meccanico: la luce di una lampadina, posizionata all’interno di una sfera con dei fori, esce e si proietta sulla cupola.

Il primo planetario a proiezione, il Zeiss Mark I, esposto nel Deutsches Museum di Monaco. Fonte Wikipedia.

In termini di aggiornamento, esistono limiti o difficoltà rispetto al ritmo con cui procede la ricerca scientifica?

“Questo è un punto fondamentale. Oggi, grazie al loro software moderno, nel giro di pochi minuti, i planetari possono visualizzare in cupola scoperte appena fatte. I centri di ricerca mondiale – Nasa, Esa, Eso – rilasciano dati con un protocollo condiviso con tutti i planetari: grazie al Data to Dome le informazioni si possono inserire direttamente in cupola. Inoltre i planetari possono creare contenuti in modo autonomo: grazie al software, se viene scoperta una nuova cometa, possono costruirla e aggiungerla ai loro sistemi.

Non possono mancare le voci Wikipedia sui planetari in italiano e inglese.

E un po’ di video sui planetari italiani

E se adesso vi vien voglia di andare a vederne uno qui la mappa planetari in Italia

MAPPA DEI PLANETARI ITALIANI

Se invece vi trovate molto lontano da una sede di planetario visitabile (ad esempio al sud) o se siete molto pigri esistono le versioni da schermo per PC.

Una delle prime fu Planetario 2.0 di Piero Massimino dell’INAF di Catania, scritto in Visual Basic oltre 30 anni fa

30 anni fa il primo PLANETARIO VIRTUALE ITALIANO

(l’articolo su COELUM è stato rimosso ma rimane su Archive.org)

e che volendo si può scaricare ancora qui

Oggi i più quotati sono Stellarium e Cartes du Ciel/Skychart ma ci sono anche Kstars, CelestiaGaia Sky, Cosmonium  e tanti altri.


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