Il New Yorker pubblica una selezione (Corriere della Sera sullo stesso argomento) delle memorie di Alexei Navalny, l’oppositore di Putin morto in un lager russo dopo tre anni di prigionia.
Navalny era stato avvelenato dai servizi russi nell’estate del 2020. Dopo poche settimane aveva cominciato a scrivere le sue memorie, come se sapesse che non gli era rimasto molto tempo. Rientrato in patria, era stato arrestato all’aeroporto e sottoposto ad una serie di processi e condanne per la sua attività politica. In carcere aveva subito cominciato a tenere un diario, che è stato utilizzato insieme con gli altri suoi scritti per comporre il libro di memorie da cui è tratto l’articolo.
Gli scritti selezionati rappresentano la posizione di oppositore inflessibile di Navalny, che sa che il regime russo non lo farà uscire mai di prigione, ma continua a tenere la schiena diritta. La sua scelta politica può essere riassunta in poche frasi riportate nell’articolo: alla domanda “ma perché sei tornato, se eri sicuro di quello che ti avrebbero fatto?” risponde con
Why did you come back? … I travelled the length and breadth of the country, declaring everywhere from the stage, “I promise that I won’t let you down, I won’t deceive you, and I won’t abandon you.” By coming back to Russia, I fulfilled my promise to the voters. There need to be some people in Russia who don’t lie to them.
It turned out that, in Russia, to defend the right to have and not to hide your beliefs, you have to pay by sitting in a solitary cell. Of course, I don’t like being there. But I will not give up either my ideas or my homeland.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.