In un articolo pubblicato su Valigia Blu, Matteo Pascoletti racconta l’ondata di scioperi in corso nel Regno Unito.
Il 5 settembre è stato nominato il nuovo leader del partito Conservatore britannico. A succedere a Boris Johnson è Liz Truss, che ha battuto l’ex ministro dell’Economia Rishi Sunak. Truss ha poi ricevuto ufficialmente l’incarico di premier dalla regina, il giorno successivo.
La campagna tra i due candidati ha visto entrambi mostrare un repertorio di promesse legate a tagli fiscali, liberalizzazioni e stretta sui diritti. Tra le varie promesse, Truss ha parlato di pugno duro contro l’immigrazione e di rivedere l’adesione del Regno Unito alla CEDU. Ha scongiurato qualunque tassa “una tantum” per le compagnie del settore energetico perché darebbe un “messaggio negativo agli investitori”, e si è detta disposta a rivedere l’obiettivo Net Zero.
Ma fuori dalla consistente bolla conservatrice e dall’ampia maggioranza in Parlamento, è ormai chiaro a chiunque segua la politica del Regno Unito che i Tory non sono più maggioranza del paese – anche per i sondaggi. Inflazione, conseguenze della Brexit e della pandemia, rincari dell’energia: sono tutti fattori che, negli ultimi mesi, hanno via via mobilitato sindacati e cittadini, con scioperi, proteste e campagne di boicottaggio dal basso. Come scritto ad agosto dal Guardian i sindacati sono diventati “la nuova opposizione ufficiale nel Regno Unito”.
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