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Quando il mondo non divenne giapponese

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“Tutte le cose migliori vengono dal Giappone” diceva Marty McFly in “Ritorno al Futuro”. Negli anni ’80 i prodotti giapponesi erano quelli più avanzati, e agli occhi di molti quel paese sembrava rappresentare il futuro. La sua crescita era continua e costante, e molti Americani erano sinceramente convinti che sarebbero stati presto superati dal Sol Levante. John Ganz ripercorre la storia della letteratura “Japanic” (“Japan panic”) che, a partire da “The Emerging Japanese Superstate” di Herman Kahn, cercò di capire cause e conseguenze di quello che all’epoca sembrava un fenomeno ineluttabile. Parte di questa letteratura si basava su risentimenti razzisti combinati col ricordo ancora vivo della Seconda Guerra Mondiale, o si limitava a condannare le pratiche commerciali nipponiche chiedendo un maggiore protezionismo. Alcuni però pensarono che il Giappone avesse trovato una “formula magica” che potesse essere applicata anche altrove, e che producesse crescita economica senza alienazione.

What all these analyses, from the most scientific to the most ideological, seemed to imply was that Japan had somehow solved the basic collective action problems of capitalism.

[…]

The “kaizen” philosophy of continuous improvement seemed to allow for a process of innovation that did not require sudden, wasteful outlays of capital investment and was not socially disruptive but organic and gradual. The Japanese miracle was really that the fundamental contradictions of capital had been overcome: the island nation was situated perfectly between past and future, it was both pre- and post-capitalist, and it managed to combine high productivity, high quality, stable employment, and sustained profits all at once.

Purtroppo, quella che sembrava essere la soluzione ai mali del capitalismo si rivelò essere un’illusione…

Di quel periodo sono rimasti i “decenni perduti” di stagnazione economica in Giappone, e un insieme di prodotti elettronici vintage la cui estetica trova ancora oggi degli appassionati, come l’autore del post.


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