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Quincy Jones, il musicista dei musicisti

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Smithsonian Magazine dedica un ricordo, curato da Chris Klimek, a Quincy Jones, leggendario musicista e produttore, recentemente scomparso.

Quincy Jones ha avuto un’enorme influenza sulla cultura americana per oltre sette decenni. E’ stato un musicista, produttore musicale, produttore cinematografico e televisivo e attivista. Ha prodotto album iconici come “Off the Wall”, “Thriller” e “Bad” di Michael Jackson e ha lavorato con molti artisti di grande prestigio tra cui Ray Charles, Frank Sinatra, Aretha Franklin e Diana Ross. Jones ha vinto 28 Grammy Awards e avrebbe dovuto ricevere un Oscar alla carriera per i suoi contributi al cinema.

Quincy Jones è stato anche un sostenitore di lunga data del National Museum of African American History and Culture dello Smithsonian e ha organizzato numerosi concerti per celebrare il museo. In un’intervista a Dwandalyn R. Reece, curatore del settore musicale e delle arti performative del museo e direttore associato degli affari curatoriali, Smithsonian Magazine ha discusso dell’imponente eredità di Jones.

How would you begin if you were called upon to summarize Quincy Jones’ importance to the last century of American culture?

I like to say he’s a Renaissance figure, but he was a figure not only in music, but in the culture and what he stood for and what he knew. He started out as a trumpeter, but he was a musician, a composer and an arranger who trained and studied with the best of all genres of music. And then he moved into film and television and scoring and producing. But what I liked and appreciated most about Quincy Jones was that he was also very grounded. He understood what music meant to people and how music affected people.

Quello che è veramente straordinario nella carriera di Quincy Jones è stata la capacità di rimanere attuale e di abbracciare nuovi generi musicali che lo ha reso una figura unica e molto rispettata nel settore.

Why do you think that’s such a rare quality? Why do we have so few people at that high level of success who have that same kind of openness and curiosity and eagerness to learn new things and share their knowledge?

It is a rare quality and all the more rarer. It could be a little bit of people knowing where they came from and having an appreciation that goes beyond just creating music. Being a music historian, [my colleagues and I] talk a lot about that in African American music, no genre is completely new. Musicians borrow from the antecedents of people who have created and struggled, and that’s just being fed into new genres and reinterpreted into new ways of listening and enjoying music. Having that root in history, I enjoy talking to people who really have that grounding. There’s just something that they’re bringing to their musicianship, and Quincy Jones has always been one of those people. I had the pleasure to interview him in, I don’t know, maybe 2017, onstage here at our museum and just talk about his career, the people he knew, the stories and what they meant to him. And he always struck me as someone who’s very wise and has a lot of wisdom and understands what it’s all about.

Ecco un ricordo di Quincy Jones curato da Ethan Millman per Rolling Stone: figura rivoluzionaria nell’industria musicale, questo artista e produttore ha aperto molte porte ed è stato una guida per molti.

Per l’appassionato medio di musica Quincy Jones è stato uno dei più grandi produttori contemporanei, una figura enorme a cui si devono alcuni degli album più importanti di sempre. Per chi lavora nell’industria musicale è stato qualcosa di più. Ha coperto ogni ruolo nel music business. È stato talmente prolifico che potremmo ignorare gli album che ha prodotto, i film che ha musicato e le colonne sonore che ha arrangiato e con ogni probabilità la sua carriera da discografico sarebbe comunque leggendaria. Le note a piè di pagina della sua storia costituirebbero momenti fondamentali per chiunque altro.

Quincy Jones è stato il primo uomo di colore ricoprire una posizione di potere nell’industria musicale, diventando vicepresidente della Mercury Records nel 1961 e co-fondando la Qwest Records nel 1980.

Jones è stato uno dei primi uomini di colore a dirigere una grossa etichetta discografica, ha prodotto musical e spettacoli televisivi di successo, ha fatto da mentore e scritturato grandi artisti, è stato il co-fondatore di una delle riviste musicali più autorevoli di sempre. Il suo periodo alla Mercury Records all’inizio degli anni ’60 è una delle sue imprese meno ricordate, ma ha una grandissima importanza. Dopo aver mosso i suoi primi passi nel jazz, ha lavorato come direttore musicale dell’etichetta e poi, nel 1961, è stato nominato vicepresidente: era una delle prime volte in cui un nero assumeva un ruolo dirigenziale in un’etichetta di proprietà di bianchi. «Mi sorprende che non se ne parli più spesso», dice Cochrane. «Era un periodo in cui vigeva ancora la segregazione e questa era una cosa enorme. Fino a quel momento si era legato con Frank Sinatra e aveva lavorato in Francia e quindi è stato trattato come un diverso. Non era lì per lavorare sulla black music, la gente non pensava a lui come a un discografico nero. Lui era Quincy e basta».

L’amore per la musica, le sue capacità manageriali, il fiuto nello scoprire talenti e la sua disposizione all’ascolto e alla generosità sono state alcune delle caratteristiche che hanno fatto di Quincy Jones una leggenda:

Secondo Cochrane e Mason Jr. le qualità di Jones come produttore hanno accresciuto la sua abilità come businessman, in particolare nei campi dello scouting di talenti e del controllo della qualità. La sua generosità è un aspetto fondamentale del suo lascito ad altri artisti e discografici. «È incredibile quante persone hanno passato del tempo con Quincy», dice Mason Jr. «Dedicava tanto tempo alle persone, per aiutarle. Non si trattava solo di e-mail o di rispondere alle telefonate. È pieno di post su Instagram di gente seduta con lui, sul suo divano. In migliaia, in questo settore, hanno condiviso aneddoti su di lui e hanno detto espressamente che lui è stato il loro mentore».

Aveva un grandissimo acume commerciale, ma definirlo solo un discografico sarebbe riduttivo. «L’amore eterno di Quincy era prima di tutto e soprattutto la musica. Gli piaceva il business solo perché era il modo per fare soldi con la cultura musicale», dice Cochrane. «Gli credevo quando diceva che le sue decisioni non erano mosse dal denaro. Era prima di tutto un musicista e non credo che avrebbe mai potuto essere solo un discografico».


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