Un’intervista sul magazine “L’indiscreto” a Ilaria Maria Sala, autrice del libro “L’Eclissi di Hong Kong. Topografia di una città in tumulto”, mette in luce la nostalgia coloniale e il il sogno svanito della democrazia che ormai pervade questa realtà.
Ci sono delle ragioni precise per cui a Hong Kong si prova nostalgia per il passato: esisteva la sensazione che tutto potesse migliorare, un processo che portasse alla democrazia e una società aperta. Oggi quello di Pechino è visto come un nuovo colonialismo, ma che non lascia immaginare miglioramenti, né rispetto per l’identità territoriale.
La nostalgia è un sentimento abbastanza comune a Hong Kong per ragioni storiche e di origine della popolazione.
La nostalgia fa parte del DNA di Hong Kong, perché è un territorio popolato, in gran parte, da rifugiati fuggiti dalla Cina per sottrarsi a convulsioni epocali o al rischio di persecuzione politica. Prima ancora di quello che vediamo oggi, infatti, i genitori, o i nonni e bisnonni della generazione che piange per la perdita della Regina Elisabetta erano spesso sedotti dall’ideale della Shanghai di prima della guerra da cui dovettero fuggire, o di una Canton (Guangzhou) in cui non c’erano slogan comunisti ma una fedeltà alla terra e alla famiglia considerata ideale: nostalgia di quello che si è lasciato indietro per forza, scegliendo la sicurezza per sé e le proprie famiglie, ma non per questo disprezzando, o sfuggendo, il quotidiano a cui si era attaccati.
La morte della Regina Elisabetta è stato un momento nel quale il rimpianto ha trovato espressione tra gli abitanti di Hong Kong, mentre in altre ex-colonie l’avvenimento è stato vissuto con maggior indifferenza.
Quando la regina Elisabetta è morta migliaia di cittadini di Hong Kong hanno riempito le vie depositando foto della regnante, accendendo candele, scrivendo preghiere. Il lutto, non è un eufemismo, aveva assunto i toni di un lutto nazionale. Admiralty è uno dei distretti centrali di Hong Kong, costruito dagli inglesi come porto militare nel diciannovesimo secolo. Come fa notare la BBC, lasciavano eseguire “God Save The Queen” dagli smartphone mentre con l’altra mano tenevano gli ombrelli per ripararsi dal sole. Chiamano la regina si tau por, che si pronuncia “see-tao-pohr” e in cantonese sta per “the boss lady”. A differenza di tante altre ex colonie, che hanno dato di poco conto alla notizia della morte della vecchia regnante, nella regione speciale di Hong Kong le cose sono andate diversamente.
Il modo di vivere la propria identità da parte della popolazione di Hong Kong è quindi proprio permeato da un sentimento di perdita che convive però con l’ipermodernità.
Questo per dire che il sentimento nostalgico è molto forte a Hong Kong, prima ancora che per la perdita costante dell’oggi, anche come modo di vivere la propria identità, costantemente cullata da un senso di qualcosa di sfuggente che si sposa però con l’ipermodernità.
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