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Sanremo è il gulag dell’immaginazione di stato

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Questo articolo apparso su Pangea a firma di Bruno Giurato parla del Festival di Sanremo dandone una spiegazione antropologica, arrivando a sostenere che il Festival non sia altro che un mezzo per la creazione di un canone moderno della musica italiana.

Anche la settimana santa di Sanremo è tutta un convoglione che passa e sappiamo dove. Anni fa si guardava per farsi quattro risate. Chi “capiva di musica” lo disprezzava, tornava ai suoi Area, poi ai suoi gruppi Indie. I giornalisti ne scrivevano con uno strano sentimento, nelle cronache c’era sempre aria di mal di pancia. Dolori comprensibilissimi. Ma limitatamente alla possibilità di fare i dritti con una discografia ricca e potente. Risultato, chi scriveva usava un doppio registro, molto colto come da tradizione del giornalismo italiano, in bilico tra sarcasmo e emotività: si sfotteva Mino Reitano, o Albano, si acclamava un qualche presunto capolavoro.

Proprio perché Sanremo non ha niente a che fare con la musica, la noia e la stanchezza di Sanremo sono il punto forte di Sanremo. Sanremo non è intrattenimento, è sacrificio.


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