Proseguono le audizioni della commissione PEGA, istituita dal Parlamento EU per indagare sull’uso dello spyware Pegasus e di altri strumenti equivalenti contro cittadini europei per motivi politici. Questo è un tema che seguo da anni, e soprattutto se avete perso le ultime puntate della newsletter vi consiglio di dare un’occhiata qua e qua (incluso lo speciale Spyware Ltd che ho pubblicato mesi fa). Ma per fare una sintesi degli ultimi mesi e degli ultimi giorni diciamo che lo sforzo della commissione PEGA per fare chiarezza sull’abuso di questi strumenti di sorveglianza invasiva da parte di alcuni governi europei contro giornalisti e politici (tra questi i casi più eclatanti sono emersi in Ungheria, Polonia, Spagna e Grecia) continua a rimbalzare contro un muro di gomma.
Lo scontro tra la commissione d’inchiesta PEGA e la Commissione europea (e i singoli Stati Membri) è stato reso plasticamente nell’ultima audizione PEGA (che ho seguito, qui il VIDEO) dall’intervento da parte dell’europarlamentare olandese Sophie in ‘t Veld, tra le più agguerrite nella ricerca non dico di chissà quali verità ma di semplici informazioni su quanto sta avvenendo in Europa con gli spyware.
Parlando del fatto che anche un certo numero di funzionari europei sono stati presi di mira o infettati da spyware, in ‘t Vield ha dichiarato che la Commissione Ue è stata molto riluttante nel fornire informazioni al riguardo. L’esecutivo “ha cioè ammesso malvolentieri che le infezioni ci sono state ma non ha voluto dire quante siano state”. “Nei corridoi sentiamo che ci sarebbero state 60 infezioni”, ha poi aggiunto l’europarlamentare. “Parliamo di governi europei che attaccano i loro cittadini e le loro istituzioni”.
Riformulo perché è notevole: in pratica la commissione nata appositamente per indagare sull’uso di Pegasus e altri spyware non riesce a farsi dire da un altro organo europeo quanti funzionari Ue sarebbero stati presi di mira da spyware, e raccatta stime da voci di corridoio. La frizione tra le diverse istituzioni è emersa anche quando in ‘t Vield ha provato a chiedere al rappresentante del CERT-EU, il team di cyber difesa delle istituzioni europee, qualche informazione al riguardo, ricevendo in sostanza un “no comment”.
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