Sul Riformista si racconta la storia di Akihiro Okumoto, chiuso nel braccio della morte per aver ucciso la moglie, il figlioletto e la suocera nel 2010. Condannato definitivamente nel 2014, è ora in attesa di essere giustiziato. Da qualche anno ha iniziato a usare i pastelli per dipingere quadri, più che altro soggetti di natura bucolica, che poi vende ad amici e sostenitori, girando il ricavato ai famigliari delle sue vittime.
Una recente riforma del Ministero della Giustizia giapponese in materia di sicurezza ha vietato l’uso in prigione di strumenti per dipingere, come pastelli e temperamatite. Akihiro Okumoto ha pertanto intentato causa al governo nazionale per riavere le sue matite, sostenendo che il provvedimento è lesivo del suo diritto di espressione, tutelato dalla Costituzione Giapponese.
La prima udienza del processo avviato da Okumoto si è tenuta presso il tribunale distrettuale di Tokyo il 7 ottobre scorso. Il governo ha chiesto alla corte di archiviare il caso in quanto le direttive sono “ordini di servizio all’interno di un’organizzazione amministrativa e pertanto non devono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale”. Rispetto alle matite meccaniche e ad altri strumenti di scrittura consentiti nei centri di detenzione, il rischio che uno faccia del male a se stesso o ad altri con matite colorate non può dirsi eccezionalmente alto. Per Okumoto, quindi, vietare totalmente l’acquisto delle matite è una restrizione crudele e insensata.
Immagine da Wikimedia Commons
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