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Teorie politiche del denaro

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Doppizoero pubblica una recensione, a cura di Alfredo Gigliobianco, dell’ultimo lavoro di Stefan Eich, Teoria politica del denaro. Da Aristotele a Keynes.

Ora ne sono sicuro: dopo aver combattuto con questo libro per quattro settimane, riempiendolo di note a margine e di sottolineature, posso dire che c’è stata un po’ di cattiveria nell’affidarne la recensione proprio a me, che sono stato storico dell’economia in Banca d’Italia per 35 anni. La mia inclinazione naturale dovrebbe portarmi a guardare le banche centrali con un certo affetto, o almeno benevolenza, mentre il libro di cui devo discutere è aspramente critico nei loro confronti. Ora che devo scrivere, seguirò la mia inclinazione oppure, quasi per reazione e per mostrare la mia ferrea indipendenza, darò toppo spago all’iconoclasta Stefan Eich, che nel suo Teoria politica del denaro. Da Aristotele a Keynes (Treccani editore, 2023), bastona con eguale energia politici, filosofi e banchieri centrali? Giudicherete voi, cari lettori, ma io vi ho messi in guardia.

Ci sono due modi secondo Eich di depoliticizzare il denaro: considerandolo una merce e sottraendolo quindi ai rapporti sociali e politici, oppure attraverso l’autonomia delle banche centrali. Eich vorrebbe restituire il denaro alla filosofia politica e alla democrazia.

In poche parole, la tesi di Eich (sviluppata in 440 dense pagine, che ci accompagnano dall’antica Grecia fino ai nostri giorni) è la seguente. Il denaro è politico, la sua gestione ha e ha sempre avuto conseguenze politiche: prezzi, salari reali, tassi di interesse, credito, investimenti, occupazione, rapporti internazionali ecc. Ma più volte, nella storia, qualcuno ha tentato di depoliticizzarlo, cioè di farlo apparire neutrale, non politico, gestibile in modo puramente tecnico. S’intende che si è trattato di manovre di oscuramento: il denaro resta politico, ma la sua politicità è occultata, in un modo o nell’altro. Occultando la sua politicità, lo si è sottratto alla critica, e anche alla democrazia.


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