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Trattenuti – I CPR e il business delle grandi multinazionali della detenzione.

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Wired esamina i dati del report Trattenuti realizzato dall’Ong Actionaid  in collaborazione con il dipartimento di Scienza politiche dell’università di Bari, un lavoro di ricerca durato un anno e mezzo sulle modalità di gestione dei CPR – Centri di Permanenza per i Rimpatri.

Secondo il report

“Ci sono multinazionali che realizzano profitti sulla detenzione dei richiedenti asilo. È quello che avviene in sei dei dieci Cpr attivi in Italia, dove centinaia di persone straniere sono private della libertà per un’infrazione amministrativa, ovvero senza aver commesso reati. Per un giro d’affari di 53 milioni di euro tra il 2018 e il 2021″.

I CPR (istituiti dalla Legge Turco – Napolitano del 1998) sono nati come strutture di detenzione amministrativa nelle quali cioè vengono reclusi cittadini non comunitari sprovvisti di un regolare permesso di soggiorno e che quindi hanno commesso una sanzione amministrativa.

Tuttavia, secondo il report

“Negli ultimi anni si è verificata un’ibridazione del sistema di accoglienza con quello di detenzione. Le due funzioni si sono fuse progressivamente. Il decreto Cutro del governo Meloni esaspera quanto stabilito dal decreto sicurezza del 2018, e oltre a tagliare nuovamente i servizi per l’accoglienza, prevede che tutti i richiedenti asilo provenienti da paesi considerati sicuri vengano detenuti direttamente all’arrivo”.

Nelle medesime strutture quindi vengono ormai trattenute e quindi private della liberta personale sia persone già presenti sul territorio italiano in modo irregolare e sia persone appena arrivate in Italia in attesa che la loro posizione venga verificata che dovrebbero essere oggetto di accoglienza e non di detenzione. Il sovraffollamento, il caos normativo ed amministrativo ed il taglio di fondi e servizi hanno reso problematico trovare Enti cui affidare la gestione dei CPR con la conseguenza che

“A ottenere gli appalti sono le grandi multinazionali della detenzione, proponendo importanti ribassi sui prezzi con il rischio di gravi violazioni dei diritti fondamentali dei trattenuti”.

Oggi i CPR, che il Governo intende raddoppiare arrivando ad averne uno per ogni regione

“sono luoghi chiusi, dove la società civile non ha accesso e dove anche per i giornalisti e le associazioni che si occupano di tutela dei diritti è estremamente difficile entrare. Quello che si sa è però che il tasso di suicidi, gli episodi di autolesionismo, l’abuso di psicofarmaci e sostanze e le rivolte si verificano con una frequenza allarmante, tanto che una parte importante dei costi di gestione riguardano la manutenzione straordinaria in seguito ai danneggiamenti causati dalle rivolte”

Emblematico delle condizioni dei CPR e di chi vi è detenuto è il CPR di Torino chiuso nel marzo 2023 dopo giorni di rivolte dei detenuti.


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