La discussione sui vaccini, alimentata da novità e mezzi colpi di scena quasi ogni giorno, ha ormai monopolizzato il dibattito pubblico europeo. Dopo un primo momento di estese celebrazioni dell’approccio delle istituzioni comunitarie, oggi l’opinione più diffusa è che si siano mosse male e in ritardo.
Fra i primi cinque paesi al mondo per tasso di persone vaccinate sulla popolazione non c’è nemmeno uno stato dell’Unione Europea. Per trovare un paese dell’Europa occidentale bisogna scendere fino al 17esimo posto, dove c’è la Germania.
Allargando lo sguardo però le cose assumono una prospettiva diversa. Nella classifica dei primi venti posti più della metà sono occupati da paesi dell’Unione. Nelle prossime settimane inoltre si intensificheranno le consegne del vaccino di AstraZeneca e inizieranno quelle di Johnson&Johnson, su cui i paesi europei hanno puntato molto. A meno di sorprese – ancora possibili, certo – le forniture di vaccini di cui si occupa l’Unione Europea non saranno più il principale problema a cui dovranno fare fronte i governi.
Alcuni elementi emersi negli ultimi giorni ridimensionano ulteriormente le-colpe-dell’Europa, soprattutto riguardo al proprio atteggiamento nei confronti delle case farmaceutiche.
Negli scorsi numeri abbiamo parlato a lungo di come e perché i paesi europei abbiano fatto grandissimo affidamento sul vaccino prodotto da AstraZeneca – in sintesi: perché europeo, economico e facile da conservare – e quanto sia stato forte il contraccolpo quando l’azienda britannica ha tagliato unilateralmente le dosi pattuite per il primo trimestre del 2020.
Qualche giorno fa CNN ha scoperto che da mesi era online il contratto stipulato da AstraZeneca col governo britannico, sotterrato in un sito istituzionale. Il contratto contiene la stessa controversa formula utilizzata in quello stipulato con l’Unione Europea, in cui AstraZeneca si impegna a garantire le dosi applicando «il massimo impegno». Alla fine di gennaio AstraZeneca aveva provato a giustificare il taglio delle forniture spiegando che l’impegno con l’Unione Europea non era vincolante: la scoperta di CNN rafforza però l’idea che la decisione di AstraZeneca di tagliare le dosi all’Unione Europea e non al Regno Unito sia stata politica (il vaccino è stato prodotto in collaborazione con l’università di Oxford e dietro continue pressioni del governo britannico).
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