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Valligiani e cittadini borghesi alla scoperta delle Alpi

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GognaBlog  ripubblica “Gli inizi dell’alpinismo italiano” di Giampiero Motti, a quasi 40 anni dalla sua scomparsa, tratto dalla sua monumentale La storia dell’alpinismo”.
L’autore nel suo scritto sfata innanzi tutto la credenza che l’alpinismo in Italia sia nato da iniziative di cittadini e non di valligiani, analizzando l’iniziativa montanara sulle Alpi Occidentali.

L’inizio dell’alpinismo italiano sulle Alpi Occidentali ha caratteri valligiani e non cittadini, come invece si sarebbe portati a credere. Le prime imprese di carattere alpinistico vanno registrate nel massiccio del Monte Rosa, dove agiscono alcuni veri e propri pionieri, quali Giovanni Gnifetti, Nicolas Vincent, Sébastien Linthy, Jean-Joseph Beck e Balthasar Chamonin, una piccola schiera, assai agguerrita, di parroci, cacciatori e montanari, amanti appassionati delle loro belle valli che si snodano ai piedi del massiccio.

Se la conquista del Monte Bianco si deve all’iniziativa di un forestiero, per il Monte Rosa furono protagonisti e i montanari del posto.

Accanto alla conquista del Monte Bianco, va dunque anche ricordata la prima salita della Punta, oggi detta Gnifetti, del Monte Rosa, una magnifica impresa che sempre è stata un po’ adombrata e messa in disparte, come d’altronde tutto l’alpinismo che si è svolto sul Monte Rosa, per motivi che riescono difficilmente intuibili e comprensibili.

A Courmayeur si rivaleggiava con l’organizzazione di guide nata a Chamonix, sul versante francese del Monte Bianco.

Iniziativa montanara troviamo anche a Courmayeur, dove ben presto si cerca di organizzare un qualcosa che possa rivaleggiare con l’organizzazione di guide creata a Chamonix, il villaggio posto sull’altro versante del Bianco, dove a seguito dell’impresa di Jacques Balmat e Jean-Michel Paccard, si cominciava a concludere affari d’oro con i turisti. Era necessario però trovare una via di salita al Bianco che fosse tutta «italiana». Ma solo nel 1854 alcune guide di Courmayeur aprirono un primo percorso attraverso il Col du Midi, il Mont Blanc du Tacul ed il Mont Maudit «pour joindre au chemin des chamoniards au sommet du Grand Corridor».

La fondazione del Club Alpino Italiano prende invece il via in ambito cittadino:

Se invece ci si trasferisce a livello cittadino, il discorso inevitabilmente cade sulla fondazione del Club Alpino Italiano, susseguente a quella dell’inglese Alpine Club e del Club Alpino Austriaco e alla famosa salita al Monviso di Quintino Sella e compagni, che appunto generò l’idea della fondazione. I caratteri di questo primo alpinismo cittadino in Italia sono naturalmente elitari ed aristocratici e, d’altronde, date le premesse già sovente espresse, non avrebbe potuto essere diversamente.

Il Club Alpino Italiano si rifà al modello dell’analogo club inglese:

 Il Club Alpino Italiano sorge come imitazione di quello inglese ed anche l’alpinismo cittadino che si svilupperà intorno al nucleo torinese, avrà come modello quello inglese; anzi essendo sorto in ritardo rispetto a questo, dovrà, per così dire, rincorrere gli inglesi e accontentarsi dell’esplorazione delle vette secondarie, in un periodo in cui le maggiori cime erano state conquistate.


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