Su suggerimento e a cura di @Emanuela
In un buon momento per il cinema italiano, registi giovani come Matteo Rovere e Gabriele Mainetti stanno dando una ventata di freschezza alla filmografia nostrana: è proprio Matteo Rovere, classe ’82, che stupisce con un film di genere come “Veloce come il vento“. Inquadrature strette e riprese di gara convincenti riescono a conferire quella tensione adrenalinica che si vive durante le gare di Rally.
Ma quello che il film riesce a creare è la curiosità per il protagonista cui è ispirato, il pilota italiano di Rally Carlo Capone.
Il film è liberamente ispirato alla storia di questo pilota: tanto liberamente che Accorsi nel film non si chiamerà Carlo Capone, ma Loris Rovere.
Personaggi distanti tra loro, Loris è un tossicodipendente chiacchierone e smemorato, Carlo Capone viene descritto come taciturno e riservato dagli amici (e non fa uso di sostanze stupefacenti, e questo ci tengono a ribadirlo).
Chi è dunque questo campione dimenticato?
Ne parla la rivista Autosprint che dedica un lungo articolo al campione europeo del 1984 con la Lancia.
Nell’83 gli affiancarono sulla Lancia Rally 037 il navigatore Luigi Pirollo, che di lui dice:
“La Fiat mi chiese di correre con lui perché prometteva bene. Però era un po’ una mina vagante, per via del carattere. Timido, introverso. Era balbuziente e questo non lo aiutava. Parlava poco e rideva ancor meno. Corremmo tre anni insieme, prima con la Ritmo Gruppo 2, poi con la Gruppo A. Quindi il passaggio alla 037. Andava fortissimo, un missile terra-aria. Ma rischiava troppo. Soprattutto nelle ricognizioni, che allora non avevano nessuna sorta di limitazione e che tutti facevamo andando come dei matti. Carlo un po’ troppo. Passava a velocità folli, prendeva rischi incredibili. Non ne potevo più. Al Colline di Romagna facemmo un’uscita terrificante: non riuscii nemmeno a ritrovare il quaderno delle note… Dopo il Rally di Piancavallo dissi ai capi: io con lui non corro più! Ero arrivato al limite, ero certo che prima o poi ci sarebbe stato l’incidente grosso. Ci sono piloti con i quali fatichi a stare in macchina. Sentivo che rischiava troppo, che non avrebbe mai fatto carriera. Finii la stagione, poi però basta. E non l’ho più visto, né sentito”.
Ed invece nel 1984 Capone riesce a vincere il campionato europeo con la 037 e punta al mondiale, ma gli preferiscono il finlandese Toivonen. Capone non accetta l’esclusione ed ha un crollo psicologico e, affetto da disturbo bipolare, va incontro ad una parabola discendente. Ma a questo si aggiunge anche la morte della figlioletta di pochi mesi e il divorzio dalla moglie. Oggi Carlo Capone vive, tra ossessioni e solitudine, in un centro a Tonengo per persone non autosufficienti; chi ha collaborato con lui nella scuderia lo ricorda attraverso vari profili facebook.
Immagine di Lundini1986 da Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.