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50 giardini, 100 anni di dati

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Francesca Boccaletto per IlBoLive  tratta di un recente studio condotto su 50 giardini botanici e arboreti nel mondo.
La ricerca ha analizzato un secolo di dati (dal 1921 al 2021) per comprendere le dinamiche di raccolta, conservazione e utilizzo delle piante viventi ex situ, cioè fuori dal loro ambiente naturale.

Lo studio Insights from a century of data reveal global trends in ex situ living plant collections, recentemente pubblicato su Nature Ecology & Evolution, ha analizzato un secolo di dati, dal 1921 al 2021, provenienti da 50 giardini botanici e arboreti del mondo, che attualmente custodiscono mezzo milione di piante (in questo elenco, però, non figurano orti italiani).

Lo studio fornisce approfondimenti sull’evoluzione storica, lo stato attuale e la traiettoria futura delle collezioni a livello globale. Per caratterizzare le dinamiche di crescita, i cinquanta orti sono stati analizzato sia singolarmente che in combinazione, ricostruendo i contenuti di una meta-collezione in un periodo di 100 anni, a partire dal 1921 e fino al 2021, individuando l’espansione più rapida tra il 1975 e il 1992. Dopo questo periodo il ritmo è rallentato, raggiungendo un nuovo picco nel 2008, quindi stabilizzandosi ed entrando in una fase di graduale declino dal 2015 al 2021.

Le collezioni di piante svolgono una funzione cruciale nella ricerca scientifica, nella conservazione della biodiversità e nella lotta ai cambiamenti climatici. La ricerca evidenzia la necessità di una rete globale tra orti botanici per proteggere le specie più minacciate e condividere dati e competenze.

Lo studio sottolinea come i giardini botanici abbiano raggiunto la loro capacità massima di conservazione, e propone strategie per migliorare la protezione e la ricerca sulle piante terrestri.

I risultati dello studio suggeriscono infatti che le collezioni per la conservazione ex situ hanno raggiunto collettivamente la capacità massima e che le restrizioni alla raccolta di piante selvatiche in tutto il mondo, legate alla Convenzione di Rio,  stanno ostacolando gli sforzi per raccogliere la diversità vegetale nella misura necessaria per studiarla e proteggerla. Si legge nello studio: “Esploriamo l’impatto dei vincoli esterni e quantifichiamo l’influenza della Convenzione sulla diversità biologica, che colleghiamo alla riduzione dell’acquisizione di materiale di origine selvatica e di provenienza internazionale rispettivamente del 44% e del 38%”. A sottolineare questi aspetti è il primo autore Samuel Brockington, docente al dipartimento di Scienze delle piante della Cambridge University e curatore del Cambridge University Botanic Garden, che aggiunge: “Ora è necessario uno sforzo concertato e collaborativo tra i giardini botanici del mondo per conservare una gamma di piante geneticamente diversificata e renderle disponibili per la ricerca e la futura reintroduzione in natura”.


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