Spesso si pensa che prima dell’arrivo degli Europei gli aborigeni australiani vivessero solo di caccia e raccolta. In realtà, si tratta di una semplificazione, in quanto lo stile di vita degli Aborigeni australiani aveva anche elementi che assoceremmo più facilmente a quello di agricoltori stanziali. Bruce Pascoe, uno studioso australiano, ha riassunto nel suo libro Dark Emu i risultati delle ultime ricerche in materia, basati sia sulle scoperte archeologiche, sia sulla rilettura delle descrizioni dei primi esploratori europei. Gli aborigeni favorivano la diffusione delle piante commestibili, fra cui anche alcune che potevano essere panificate: a Cuddie Springs, nel Nuovo Galles del Sud, sono stati scoperti degli utensili per macinare semi che risalgono a trentamila anni fa. Le eccedenze venivano conservate, e alcuni esploratori descrissero i “pagliai” che punteggiavano parte del paesaggio australiano. Inoltre, gli aborigini costruivano anche edifici che potevano contenere fino a 40 persone, e alteravano il corso dei fiumi per creare riserve d’acqua e catturare meglio i pesci.
E’ certamente esagerato, come hanno puntualizzato alcuni, parlare di “agricoltura aborigena”, e il dibattito su alcune delle tesi più radicali di Pascoe è aperto. Nel complesso, ad ogni modo, gli aborigeni gestivano in maniera molto sofisticata l’ecosistema in cui vivevano: al loro arrivo, gli Europei trovarono in molte aree un’armoniosa combinazione di prati e chiazze di foreste, che gli abitanti controllavano tramite piccoli incendi controllati del sottobosco. Quando gli Europei introdussero l’allevamento delle pecore e spazzarono via la società aborigena, invece, il suolo si impoverì. Anche i grandi incendi dell’outback australiano sembra non fossero affatto frequenti in epoca pre-coloniale.
Immagine da PxHere
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