In un articolo pubblicato su Rolling Stone, Claudio Todesco discute il mito di Jim Morrison, il frontman dei Doors morto a Parigi il 3 luglio del 1971.
Qualcuno ha visto Jim Morrison? Dove sono nel pop la sua influenza, la sua musica, le sue parole? Il mito del cantante dei Doors pareva inscalfibile, la narrazione della sua scapigliatura e l’eco del suo messaggio di liberazione passava da fratello maggiore a fratello minore, di generazione in generazione. E con esse le canzoni che interpretava, quelle belle e facili come Light My Fire, quelle strane e interminabili come The End. Quand’ancora milioni di persone dovevano mettere le scarpe e uscire di casa per comprare dischi, le antologie e gli album dal vivo postumi ne consolidavano la memoria. Le t-shirt col suo viso, per sempre giovane e bello come tutti gli eroi, stavano di fianco a quelle del Che. Noi nascevamo, crescevamo, crepavamo. Lui restava immutabile e buono per tutte le stagioni, il petto nudo e le braccia spalancate come un Gesù Cristo freak. Sotto i pantaloni di pelle s’immaginava un’eterna erezione.
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