Il virologo Fabrizio Pregliasco commenta su Agenzia DIRE uno studio sull’utilizzo di farmaci antinfiammatori nelle fasi precoci del CoViD.
Questo studio ridà una conferma a ciò che si era via via già conosciuto con il passare del tempo. Ovvero la situazione terribile della polmonite interstiziale, di fatto, è un’eccessiva risposta infiammatoria non correttamente governata dell’organismo, che in un tentativo maldestro scatena un’infiammazione elevatissima a livello degli alveoli polmonari che però aumenta, ispessisce, le pareti degli alveoli e riduce la capacità di scambio gassoso.
Lo studio, condotto tra gli altri dall’IRCSS Mario Negri, pur senza dare certezze, parla di un approccio «promettente». Pregliasco raffredda gli entusiasmi:
“Quindi – conclude il virologo della Statale di Milano – sottolineo che non significa abiurare a ciò che erano le prime indicazioni sull’utilizzo degli antinfiammatori. Vero è che la tachipirina, rispetto all’acido acetilsalicilico e ad altri Fans, ha un’azione soprattutto antifebbrile, mentre la stessa aspirina o altri hanno un’azione antinfiammatoria più trasversale“.
Sempre l’Istituto Mario Negri ha pubblicato uno studio sulle conseguenze a lungo termine dell’infezione. Ne parla Elena Dusi su Repubblica:
“Almeno per quanto riguarda i sintomi più importanti, quelli che richiedono l’assistenza ospedaliera o del medico di famiglia, il long Covid non dura molto” spiega Mannucci. I parametri dei 50mila contagiati della prima ora sono tornati ai livelli medi che precedevano la pandemia. “Certo, noi non teniamo conto di sintomi più soggettivi, come ansia o stanchezza. So di persone che continuano a lamentare malessere anche dopo molti mesi” prosegue Mannucci.
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