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883 nella ragnatela

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Su Doppiozero, un commento di Pasquale Palmieri sulla recente serie televisiva che ripercorre la carriera degli 883.

Torniamo a parlare degli 883 grazie a una serie televisiva, che riprende il titolo della loro canzone di maggior successo: Hanno ucciso l’uomo ragno. Ma in realtà non abbiamo mai smesso di parlare degli 883 negli ultimi 30 anni, anche in virtù di una presenza costante sulla scena mediatica italiana, tanto intensa da riuscire a superare alti e bassi, prodotti discografici più o meno riusciti, parziali appannamenti e roboanti ritorni in auge. Di certo i salti da una generazione all’altra sono stati problematici. I più giovani, ad esempio, si sono ormai abituati a identificare la band con la voce e l’immagine del solo Max Pezzali, accompagnato da musicisti di turno nei concerti, nei videoclip e nelle apparizioni televisive. Molti fanno persino fatica a immaginare che gli esordi di questa singolare avventura musicale furono segnati anche dalla presenza di un altro protagonista, di certo non secondario. Rispondeva al nome di Mauro Repetto: un vulcanico biondino danzante osannato dalle folle, che decise di scendere dal carro del trionfo in un giorno di primavera del 1994, senza alcun preavviso, finendo al centro di un groviglio inestricabile di leggende metropolitane (si vedano i recenti resoconti di Olga Campofreda e Matteo Grilli).


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