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Il Polybolos, l’arma da tiro automatica degli antichi Romani

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E anche oggi pensiamo all’Impero Romano, questa volta per via di una scoperta archeologica effettuata da Pia Rossi, Adriana Rossi, S. Gonizzi Barsanti, S. Bertacchi e C. Formicola dell’UniCampania il cui Abstract è disponibile su spinger, che sembra provare l’esistenza di un oggetto, il polybolos che era di una qualche utilità nell’attività in cui gli antichi romani eccellevano più che in tutte le altre ovvero la guerra.

Gli autori presentano alcuni risultati della recente campagna di indagine condotta lungo il tratto settentrionale delle mura della città rinvenuta. L’articolo si concentra sulla documentazione del sito come punto di partenza di un flusso di lavoro per l’analisi delle caratteristiche morfologiche delle cavità esistenti. I calchi virtuali 3D, basati sul rilievo 3D reality-based, sono stati ottenuti attraverso procedure di reverse modeling al fine di fornire dati utili per il calcolo dei parametri inerenti la balistica terminale delle armi utilizzate. Le peculiari vicissitudini che caratterizzano lo scavo dell’antica Pompei escludono la possibilità di qualsiasi contaminazione da impatto di armi da fuoco. Ciò rende la documentazione di eccezionale valore per la riflessione sulle armi neurobalistiche, di cui solo pochi manufatti danneggiati sono sopravvissuti parzialmente. L’uso di polybolos , ipotizzato dopo attenta riflessione, conferma l’utilità di uno spazio indipendente per l’elaborazione di riflessioni originali e trasversali, guidate dalla raccolta di dati e orientate dalla loro visualizzazione grafica.

I ricercatori hanno esaminato un muro della città di Pompei dove erano presenti i segni di impatti multipli che sono compatibili con l’uso di dardi lanciati da un arma a ripetizione come per l’appunto era il polybolos e sono tali dal far escludere che siano di altre armi d’assedio antiche già documentate, tali dardi si è calcolato impattarono con le mura a una velocità di circa 109 metri al secondo, pari a circa 390 chilometri orari, illustra più dettagliatamente la scoperta in un video di circa 9 minuti il canale  Scripta Manent.

Il polybolos era una macchina utilizzata per il lancio a ripetizione di dardi, infatti il suo nome significa infatti multi lanciatore, l’esistenza di tale arma ci era nota solo attraverso le fonti letterarie, in particolare grazie alla descrizione fornitaci da Filone di Bisanzio, un autore vissuto nel terzo secolo a.C. che scrisse tra la altre cose un trattato di meccanica in cui era per l’appunto contenuta una descrizione di quest’arma, secondo le nostre fonti era stato inventato da Dionisio d’Alessandria, vissuto anch’esso nel III secolo a.C. una personalità di cui sappiamo molto poco.

Il polybolos si differenziava dalla ben più nota balista per la presenza di un caricatore a tramoggia in legno, in grado di contenere diverse dardi, posizionato sopra la mensa (il contenitore che conteneva i dardi prima del lancio). Il meccanismo è unico in quanto è azionato da una catena a maglie piatte collegata a un argano. La mensa stessa era una tavola scorrevole contenente i ganci ad artiglio utilizzati per tirare indietro il cordino ed era fissata all’anello della catena. Quando si carica un nuovo dardo e si tira il cordino, l’argano viene ruotato in senso antiorario da un operatore in piedi sul lato sinistro dell’arma; questo spinge la mensa in avanti verso la corda dell’arco. Nella parte anteriore, un’aletta metallica aziona gli artigli di bloccaggio che catturano il cordino.

Qui è possibile osservarne il funzionamento in un video di poco più di un minuto in cui un anziano appassionato ricostruttore di armi antiche tale Alan Wilkins la mostra in azione.

Nel 2010, un episodio di MythBusters è stato dedicato alla costruzione e al collaudo di una replica, concludendo che la sua esistenza come arma storica era plausibile. Tuttavia, la macchina costruita da MythBusters era soggetta a guasti che hanno dovuto essere riparati più volte, questi problemi potrebbero spiegare il perché non ci siano pervenuti reperti del polybolos, infatti le armi debbono essere affidabili e il loro uso deve essere sempre possibile quindi l’inaffidabilità di tale arma potrebbe essere stata la causa della sua probabile dismissione da parte dell’esercito romano.


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