L’economista Karthik Tadepalli spiega in un thread su Substack come le decisioni pubbliche che hanno portato alla creazione dell’azienda statale Empresa Brasileira de Pesquisa Agropecuária (Embrapa) hanno contribuito a rendere il Brasile uno dei più importanti produttori mondiali di derrate agricole. Un caveat necessario: buona parte delle informazioni sono ricavate dalla testimonianza di uno dei fondatori dell’azienda.
Nel 1960 il Brasile era un paese agricolo che non riusciva nemmeno a sfamare la propria popolazione, e dipendeva dagli aiuti alimentari dall’estero. Oggi è il più grande esportatore di prodotti agricoli, e ha raggiunto questa condizione principalmente incrementando le proprie rese – quadruplicandole nel corso degli ultimi sessant’anni – più che aumentando l’estensione delle terre coltivabili.
This is the story of how Embrapa transformed Brazil from a food aid recipient into the world’s agricultural superpower, and what it reveals about the marriage of science and political will. It’s a story about betting your budget on sending scientists to the US for their PhDs, even when you’re under pressure to produce immediate results. It’s about running TV ads with cattle marching into Sao Paulo to keep politicians from cutting research funding. It’s a lesson in how developing countries can build world-class research institutes that transform their economies, and it’s a lesson on how the US can turn science towards its industrial policy objectives.
Embrapa, fondata nel 1973, affrontò il difficile compito di fare ricerca agronomica, adatta alla situazione specifica del paese, e diffonderla fra i lavoratori del settore.
Nell’articolo sono descritte tre decisioni fondamentali: 1) un forte investimento nella formazione di personale specializzato, inclusi PhD mandati a studiare all’estero; 2) una strategia politica che mantenesse rapporti con tutti i possibili attori politici, e una comunicazione che mantenesse vivo l’interesse del pubblico; 3) un focus sui fattori di produzione più determinanti: la quantità di terreno coltivabile e la ricerca agronomica mirata ai raccolti, invece che alla ricerca di base.


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