Su suggerimento di @il più recondito angolino.
Torniamo a trattare la vicenda di Giovanni Scattone, dopo aver discusso del suo diritto a lavorare come insegnante e di un articolo di Alessandro Capriccioli che usava questo caso di cronaca per spiegare come chi si appella al buon senso di fronte all’assenza di pene accessorie dopo una condanna, si ritrovi dalla parte degli eversori.
In questo articolo apparso su Il Foglio il 15 settembre, invece, Guido Vitiello esamina i veri “crimini” che secondo la sua visione hanno fatto di Scattone l’assassino perfetto di stampa e giustizia.
I casi che funzionano meglio nel circo mediatico-giudiziario sono quelli che s’innestano, con qualche piccola variazione, su un canovaccio familiare, diciamo pure su un archetipo narrativo consacrato dai secoli: la strega forestiera che porta il contagio nella placida e sonnecchiante cittadina universitaria, la perenne Medea che fa a pezzi i figli, l’orco che attira le vergini nei sotterranei della sua villa e le sottopone a riti cruenti come la lap-dance. Il popolo vuole romanzi d’appendice.
Immagine da Wikimedia Commons.
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