Su suggerimento di @Andreas
Alla conferenza del Partito Conservatore, il primo ministro Theresa May ha tenuto un discorso programmatico sulla Brexit, sul controllo dell’immigrazione, sulla necessità di riaffermare il ruolo dello Stato e della cittadinanza, e sulla necessità di rimettere al centro i ceti marginalizzati troppo a lungo e che hanno determinato l’esito del referendum. Un discorso che sembrerebbe segnare una netta discontinuità con l’era Cameron e ancora di più con la pesante eredità di Margaret Thatcher, e che ha suscitato clamore nella stampa del Regno Unito.
Per il progressista Guardian, Owen Jones dice che questo discorso segna il ritorno della politica di classe nel discorso pubblico, da dove era uscita da decenni, e che il Labour deve attrezzarsi per sostenere questo dibattito. Altre voci del giornale sono molto più preoccupate per le venature xenofobe di misure circolate in questi giorni, come la schedatura dei lavoratori stranieri, e per la perdita di diritti connessa alla Brexit.
Altri giornali molto più business-oriented, come il Financial Times e l’Economist, sono decisamente critici della svolta della May. Quest’ultimo ne evidenzia la discontinuità culturale: al relativismo e melting pot “londinese” i nuovi conservatori sembrano opporre patriottismo, intervento statale anche attraverso la Bank of England, e pugno duro contro il crimine. Sembra essere in atto una vera rottura culturale, e la quantità di articoli di segno diverso sul giornale conservatore Telegraph, protetto da paywall, ne è una prova.
Immagine di Policy Exchange via Flickr, CC BY 2.0
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