Su suggerimento di @PaoLo.
Su Napoli Monitor alcune testimonianze degli operai dell’Ilva, in cui continuano le morti per malattie contratte in fabbrica e quelle per l’aria inquinata. Oltre a questo si aggiungono gli incidenti sul lavoro e il costante dilemma di un lavoro che a volte può costare la vita.
All’Ilva e per l’Ilva si muore per l’inquinamento dell’aria, della terra, dell’acqua, si muore in tutta la città, ma si muore specialmente aiTamburi, il quartiere “avvelenato” a ridosso dello stabilimento, simbolo dell’eterno dilemma lavoro/salute, o meglio lavoro/vita che dilania la città. Prima, neglianni Cinquanta, la gente ci andava per svagarsi nella natura, per passeggiare e respirare l’aria pulita vicino ai resti dell’acquedotto romano; oggi ai Tamburi ci nasci o ci risiedi, ma non ci vieni. La prima volta ci sono stata conEnzo, un giovane operaio che ci è nato, che lì ha costruito la sua famiglia e che da lì vorrebbe andarsene ma non può.
Immagine di mafe de baggis, CC BY-SA 2.0, da Wikimedia Commons
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