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Inabilità al lavoro e permessi, l’Italia degli “imboscati”

Inabilità al lavoro e permessi, l’Italia degli “imboscati”

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Su suggerimento di @Lowresution.

Un lungo articolo di Repubblica mostra i numeri degli “imboscati di Stato”. Non si tratta di illegalità vera e propria, e si tratta di situazioni formalmente legali, ma comunque “anomalie” che non possono non destare attenzione.

I numeri basati su dati INPS sono i seguenti nella PA ricorre ai benefici della legge 104 (congedi e permessi per disabilità propria o dei parenti fino al terzo grado, con esenzione da lavoro notturno e domenicale, e lavoro in prossimità della residenza) il 13,3% dei dipendenti pubblici, circa 440 mila persone, a fronte di una percentuale d 3.3% dei lavoratori nel settore privato, con punte nella scuola di oltre il 26% nel personale tecnico in Sardegna o Lazio. 

Centro-Sud e Isole riescono dunque ad allargare a dismisura le maglie della 104, riuscendo per esempio a inserire tra i disabili gravi i figli celiaci, oppure le nonne residenti a centinaia di chilometri di distanza. C’è chi riesce addirittura a ottenere più di una 104. Se questo è il quadro generale, non è difficile capire perché soprattutto al Sud interi servizi pubblici essenziali restano solo sulla carta mentre quelli meno necessari traboccano di personale per lo più inutile. E perché gli stessi ispettori che dovrebbero verificare sul campo tutti questi abusi non di rado finiscono essi stessi tra le file degli imboscati.

Un altro dato anomalo, riporta Repubblica, è quello dei lavoratori dichiarati inidonei alle mansioni per cui sono stati assunti:

12% dei dipendenti della sanità pubblica, circa 80 mila persone, per lo più donne – è riuscito a farsi riconoscere una serie di limitazioni alla propria idoneità lavorativa, con punte del 24% tra gli operatori socio-sanitari, seguiti dal 15% degli infermieri.

Commentando questi dati in una breve intervista rilasciata a Repubblica, la segretaria della Cisl Annamaria Furlan pone l’attenzione sul fatto che il maggior ruolo nella vicenda sia da imputare non al sindacato, che non ha interesse a tutelare furbetti o assenteisti, bensì ai dirigenti che sono deputati alla vigilanza.


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