Su suggerimento di @NedCuttle21(Ulm).
Su Rolling Stone, un lungo articolo di Matt Taibbi parla di Facebook e dei rischi che presenta per la società contemporanea, il giornalismo e la nostra vita politica:
[…] Se Facebook sia uno riflesso della nostra società o uno dei principali agenti del suo cambiamento, non è chiaro. Le sue straordinarie abilità di catturare dati, unite alla sfrenata cultura dell’io che propina, hanno contribuito a creare un mondo in cui miliardi di persone se ne vanno in giro con la testa bassa, piegati in due ciascuno sulle proprie stronzate, con gli occhi stregati da un piccolo schermo che ci legge più velocemente di quanto noi possiamo leggere lui. Secondo recenti indagini il pubblico non crede più ai media, ma consuma news come mai prima. In questo modo il quarto potere si sta tramutando in un prodotto d’intrattenimento, il cui successo si basa sulla velocità in cui il nostro cervello assimila le informazioni offerte. L’opposto di come dovrebbero funzionare le news. “Una volta un cittadino aveva il diritto a farsi un’opinione”, dice García Martínez. “Ora è come se ognuno avesse diritto alla propria realtà”.
Immagine da Flickr.
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