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L’Accademia per l’integrazione di Bergamo fa discutere

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

Su Internazionale, il reportage realizzato dal regista libico Khalifa Abo Khraisse e tradotto da Giusy Muzzopappa sul progetto sperimentale Accademia per l’integrazione di Bergamo.

[…] Varcato l’ingresso, si procede nel cortile passando accanto a un vecchio edificio giallo. Agli angoli del cortile ci sono diverse biciclette e un po’ di persone che le aggiustano per ammazzare il tempo. Un palazzo grigio, scuro e abbastanza tetro ti fissa. A prima vista non sembra un posto felice. È il Gleno. L’immobile ha tre piani e può ospitare fino a 300 persone. Un intero piano è stato liberato per lasciare spazio all’Accademia per l’integrazione. Questo piano ospita trenta migranti ammessi al programma Grazie Bergamo, tutti gli altri sono ammassati nei restanti due piani.

L’Accademia è un progetto sperimentale particolarmente rigido, che ricorda il sistema di alcuni carceri di massima sicurezza (almeno stando a come li descrivono i film). Le regole all’interno dell’accademia sono tante, ma tutte ruotano attorno agli stessi concetti fondamentali: obbedite agli ordini, lavorate sodo, siate grati e dimostrate questa gratitudine. La necessità di dimostrarsi grati viene presa davvero alla lettera e declinata in chiave inedita: i migranti devono portare cappelli con su scritto “Grazie Bergamo”.

Immagine da Eric Hossinger – Flickr.


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