La FIPE (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) in un suo comunicato sostiene che «ogni anno nel nostro Paese si svolgono oltre 42 mila sagre, in media 5 per ogni comune, per un complesso di 306.000 mila giornate di attività, con una durata media di 7 giorni e un fatturato notevole che arriva a 900 milioni di euro».
Luciano Pignataro sul suo blog si interroga sulla bontà di queste manifestazioni ospitando un intervento di Marco Contursi:
Tutto iniziò con una sagra. Chi segue il blog sa che la mia trasformazione da viandante goloso e silente a novello Catone dei malcostumi gastronomici e non, fu causata da una pseudo sagra tipica cilentana in cui trovai torrone irpino e taralli pugliesi. Quella fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. Tuttavia non mi ero mai occupato prima d’ora di dire la mia sull’argomento.
L’input a parlare di sagre o feste di paese varie, campane e non, mi è partito da due cose accadute di recente: 1) l’aver partecipato alla SAGRA PERFETTA, 2) l’aver saputo di una sagra dedicata a Bacco, ridimensionata all’osso poiché la prima sera è successo di tutto, con risse e danneggiamenti vari.
Contursi continua:
BASTA VEDERE I NOMI PER CAPIRE CHE QUALCOSA NON VA: Sagra dello struzzo, Sagra della frittura di pesce (a 60 km dal mare), Sagra dei Mangioni, Sagra delle Sagre, Sagra della Montagna, Sagra del Mare, Sagra della Pizza, Sagra dei Sapori Tipici( di dove?) Sagra della Porchetta (sulla spiaggia, il 15 agosto?), Sagra di inizio Estate, Sagra di Fine Estate, SAGRA ECCHITTEMUORTO!!!!!!
Quasi a dare manforte ai critici nell’ormai lontano 2013 Michele F. Fontefrancesco Research Fellow dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo pubblica una nota antropologica dove afferma che
A dispetto di retoriche roboanti di autenticità e storicità che spesso descrivono le sagre del presente descrivendone origini remote, questa vocazione turistica ha una storia relativamente recente, radicata nelle esperienze del nostro Novecento… La storia delle sagre si lega a quelle politiche culturali portate avanti dal Fascismo, tra anni Venti e Trenta, che si espressero attraverso la trasformazione del calendario festivo della nazione e l’uso strumentale del folklore come elemento della retorica del Regime.
Bonus track su cucina e medioevo dal minuto 25’44” ospite Alberto Grandi, professore di Economia e Management presso l’Università di Parma e a sua volta tenutario (:D) di un podcast DOI, Denominazione di Origine Inventata in cui promette di debunkare tutte le “fake news” che vengono costruite intorno al cibo in Italia.
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