Partendo dalla vicenda di Adele, che è stata accusata di appropriazione culturale per aver celebrato il carnivale di Notting Hill con una foto in cui veste un bikini giamaicano e mostra delle treccine “Bantu knots”, Andrea Poletto (uno dei redattori del blog “la sepoltura della letteratura”) parla del dibattito in corso sul tema. Poletto spiega come il concetto di appropriazione culturale sia nato negli Stati Uniti, e sia intimamente collegato a un contesto in cui alcune espressioni culturali (come i Bantu knots) sono collegati a pregiudizi razziali. In un contesto diverso come quello dei paesi europei però, anche il razzismo si esprime in forme diverse: per esempio, in Italia i capelli ricci e le trecce non sono collegati a forme di discriminazione . Importare acriticamente le categorie statunitensi rischia perciò di fare più danni che altro, e impedire un processo positivo di scambio culturale e “creolizzazione”.
Guardo con molta paura al modello statunitense, che sembra orientare il dibattito sui diritti ma che parte da un modello sociale unico al mondo in cui ringrazio il cielo di non essere nato.
Guardo con preoccupazione ai tanti attivisti benintenzionati che cercano di calare le categorie rigidissime partorite dagli USA in contesti dove non funzionano e, anzi, fanno danni.
Io credo in una realtà dove le diverse culture si incontrano, si ascoltano, si capiscono e alla fine si mescolano: è da incontri come questi che sono nate le tradizioni culturali più belle della storia.
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