La mucca è caduta ma non è morta

Archeologia e informatica, una riflessione sui percorsi universitari

318 commenti

Il sito di informazione sull’archeologia Archaeoreporter propone un articolo che confronta il percorso di una laurea umanistica con una STEM in Italia traendone interessanti riflessioni:

Dopo 1 anno dalla laurea, il tasso di occupazione per l’archeologia è pari al 60%. Quello dell’informatica è pari al 92,5%. Il valore medio della retribuzione, sempre a 1 anno dalla laurea, è pari per l’archeologia a € 1.134 al mese, contro i 1.672€ dei colleghi informatici.

Una retribuzione media che gli archeologi non raggiungono nemmeno a 5 anni dalla laurea, registrando una retribuzione media mensile pari a € 1.363, e con soltanto il 28% sulla base di contratto a tempo indeterminato.

A 5 anni, gli informatici guadagnano mensilmente 2.008€ e il 75% di loro è a tempo indeterminato.

Come se ciò non bastasse, a 5 anni dalla laurea, un quarto dei laureati in archeologia svolge una professione per cui non è nemmeno richiesta “una” laurea, mentre coloro che si laureano in informatica, a 5 anni, svolgono nella quasi totalità dei casi lavori per cui la laurea è richiesta (96,4%).

Attenzione che qui non si parla di sfide tra facoltà, o tra umanismo e tecnologia. Qui si tratta di comprendere che cosa il nostro Paese, come “meccanismo” e “organizzazione”, ritiene più importante per il proprio futuro.

Perché sfornare laureati a 110 e lode, a 29 anni più quelli di ricerca, per poi trovarsi ad avere uno stipendio quantomeno mediocre, e solo dopo aver superato la lotteria che prevede che 1 su 4 dei laureati svolga professioni per cui poteva iniziare a lavorare 10-15 anni prima, non è un’opzione realmente percorribile in un Paese con il nostro tasso di natalità, e con i nostri indici di vecchiaia.


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.