Sul magazine Meer un lungo articolo firmato da Margherita Lombardi ripercorre la storia dei cacciatori di piante, che tanto hanno cambiato i giardini e il paesaggio europei.
In passato i cosiddetti “cacciatori di piante“ sono stati sì botanici, naturalisti e giardinieri, ma anche geografi, esploratori, diplomatici, missionari, mercanti, capitani, commissari di bordo e marinai, ufficiali, soldati , pirati, avventurieri e semplici appassionati, che, pagati e non da sovrani, orti botanici, università, floricoltori, vivaisti e privati si sono avventurati, nel corso dei secoli, in giro per il mondo, attraversando territori inesplorati e impervi, affrontando innumerevoli disagi e pericoli, fino anche a trovarvi la morte.
L’incenso fu oggetto della prima spedizione botanica a caccia di piante mai documentata, ai tempi della regina egiziana Hatshepusut nel 1492 a.C.
La prima caccia botanica di cui si ha testimonianza è stata la spedizione voluta da Hatshepusut, regina d’Egitto, nel 1482 a.C. verso le coste dell’Africa orientale per procurarsi l’incenso, resina di alcune specie legnose oggi annoverate nel genere Boswellia (tra cui Boswellia sacra, B. serrata). Le 5 navi tornarono cariche di semi e piante, fra cui boswellie ma anche molte altre ancora, che vennero piantate nei giardini del tempio fatto innalzare dalla regina.
Uno dei principali cacciatori di piante del mondo antico fu Alessandro Magno, la cui espansione in Asia e Medio Oriente mise in contatto popoli diversi con nuove varietà vegetali:
Tra i cacciatori botanici, uno dei più importanti dell’antichità fu Alessandro Magno (IV secolo a.C.): allievo di Aristotele, grazie agli insegnamenti del maestro, si appassionò alle scienze naturali; da ogni sua impresa in terra lontana, riportava al suo palazzo, animali sconosciuti e piante rare, che andavano ad arricchire il suo vasto giardino, dove c’era annesso anche una sorta di zoo. Dalle sue guerre in Oriente portò in patria, per esempio, la rosa persiana gialla doppia, il basilico, il limone (soprannominato “mela persiana”), le pesche, e l’albicocco: di origini cinesi, arrivò in Armenia e da qui venne introdotto in Grecia e in Europa, da Alessandro Magno prima e dal generale romano Lucullo poi, per raggiungere il Nuovo Mondo secoli dopo, grazie ai coloni inglesi.
Furono proprio gli inglesi molti secoli dopo, nel Seicento, a raccogliere il testimone di leader nella caccia e nella diffusione di piante:
John Tradescant il Vecchio (1560-1638, a lui è dedicato il genere Tradescantia), fu dapprima giardiniere al servizio di Robert Cecil, primo lord Salisbury, grazie al quale compie parecchi viaggi in Europa e Asia, che sviluppano le sue doti di cercatore di piante rare e collezionista di curiosità. Successivamente diventa giardiniere reale per Carlo I, e come tale si arruola in una spedizione punitiva contro i corsari delle coste del Nordafrica pur di esplorare quella regione, dalla quale ritornò carico di lillà, cisti, tulipani, anemoni, giacinti, fritillarie e altre bulbose.
La vera rivoluzione sarà il sistema tassonomico introdotto da Linneo, che nel Settecento darà carattere di sistematicità alla ricerca botanica:
Il Settecento è un secolo di radicale cambiamento per le scienze naturali: nel 1735 Carlo Linneo (1707-1778) pubblica a Leida Systema naturae, il metodo di classificazione tassonomica impostato su una nomenclatura binomiale, basata sul modello aristotelico di definizione mediante genere prossimo e differenza specifica, per piante e animali; se la prima edizione si componeva di undici pagine, la tredicesima edizione, del 1770, arrivava quasi a contarne tremila. La rivoluzione è assoluta: dove prima erano necessarie lunghe e verbose descrizioni per indicare una pianta, ora con due soli nomi la determinazione è univoca e certa, senza problemi di traduzione. Lui stesso, ancora giovanissimo assistente alla cattedra di botanica dell’Università di Uppsala, era stato inviato a caccia di piante in Lapponia, ancora sconosciuta.
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