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Cinque anni dopo

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Sono passati cinque anni dalle elezioni europee che portarono alla nomina di Jean-Claude Juncker a Presidente della Commissione Europea. In questa puntata proviamo a fare un bilancio del suo mandato, ormai in chiusura, individuando le sfide più grandi e i risultati migliori che questo politico lussemburghese di lungo corso è riuscito a ottenere.
Come tutti i bilanci politici, ne verrà fuori un quadro variegato: alcune cose hanno funzionato, altre meno; molte saranno l’eredità con cui il nuovo Presidente e la nuova Commissione che emergeranno dalle elezioni del 26 maggio 2019 dovranno fare i conti nei prossimi mesi e nei prossimi cinque anni.

E raccontiamo appunto le ultime battute della campagna elettorale in quel gruppo di Stati dell’Europa centrale e orientale di cui finora ci siamo sempre occupati di riflesso. Un gruppo abbastanza unito e anche euroscettico, i cui leader, dall’ungherese Orban al polacco Duda, hanno acquisito un’influenza sempre maggiore sulla politica europea: sarà così anche dopo il voto?

La nuova puntata del podcast Lo stato dell’Unione si può ascoltare su Spreaker.

Tra una settimana in alcuni paesi dell’Unione europea si comincia a votare per le elezioni europee.

Iniziano Regno Unito e i Paesi Bassi il 23 maggio, poi c’è l’Irlanda il 24, e Lettonia, Slovacchia e Malta il 25. In Repubblica ceca si vota il 24 e il 25. Tutti gli altri, compresa l’Italia, votano il 26 maggio.

Ecco lo schemino del Parlamento europeo, con anche la distribuzione dei seggi.

Lo sapevate che in alcuni paesi dell’Europa è obbligatorio votare? Obbligatorio sì, se non voti devi dare una spiegazione precisa altrimenti prendi una multa, come in Australia (dove hanno anche l’hot dog della democrazia, che non è affatto una cattiva idea).

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Avete presente la retorica secondo cui la Generazione Erasmus salverà il progetto europeo? Da tempo ha qualche crepa, che qualche giorno fa è stata certificata da un autorevole report sui giovani europei e la politica. Una successiva inchiesta di Associated Press ha unito i puntini, e concluso che ai giovani europei piace un sacco l’estrema destra: quella che del progetto europeo non sa proprio che farsene (eufemismo).

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