Viviana Daloiso su Avvenire racconta la storia di Viviana Rech, una donna di quarant’anni che dal 2009 vive in stato vegetativo, e dei gesti quotidiani con cui la famiglia con sacrificio e gioia si prende cura di lei.
L’orologio torna indietro al luglio del 2009, «che sono un po’ più di 5mila giorni fa, appunto» spiegano i genitori. La macchina su cui viaggia Viviana – all’epoca ha 27 anni – procede sulla strada a scorrimento veloce del Gargano, vicino a Ischitella. Alla guida c’è Paolo, il suo fidanzato, i due stanno tornando dalle vacanze appena trascorse insieme in Puglia. A un tratto la fine del mondo: una vettura invade la loro corsia, le auto si scontrano in un terribile frontale. Paolo esce dall’abitacolo con le sue gambe, ma per estrarre Viviana dalle lamiere servono ore. La ragazza arriva all’ospedale di San Giovanni Rotondo senza speranze di sopravvivere.
Anna e Franco, i genitori di Viviana, soffrendo nel vederla in ospedale, decidono di riportarla a casa, di «stravolgere le nostre vite e di riprenderla con noi». È un fardello che la famiglia affronta quotidianamente con serenità, dai gesti più semplici come mangiare fino alle carezze e le visite dei parenti.
Anna apre il frigorifero e mostra lo yogurt: Viviana – ciò che è il secondo miracolo, stando a quel libro – alza la voce, si muove a destra e sinistra sulla sua carrozzina, allunga il braccio cercando di afferrare quello di mamma Anna, di nuovo spalanca le labbra in un sorriso. «Ne va matta da sempre – spiega la donna – e chissà cosa succede nella sua testolina quando intravede il vasetto». È sicura che fatichi persino a metterlo a fuoco (un occhio la figlia l’ha perso, l’altro ha pochissime diottrie), non ha la più pallida idea se sia in grado di percepirne il gusto, eppure tra le cose per cui Viviana si agita e diventa improvvisamente felice c’è lo yogurt. «Le ha anche salvato la vita, visto che è con quello che ha ricominciato ad alimentarsi autonomamente e a deglutire, quando è uscita dal coma» racconta papà Franco.
La famiglia Rech è riuscita anche ad incontrare il Papa a Roma. Sono consci «che ogni storia è unica e diversa dall’altra», per questo non sono entrati in contatto con altre famiglie. Per Anna «in questi 5mila giorni se ho imparato una cosa è che ad ascoltare e capire devo essere io».
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