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Colonizzare il cosmo

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Una visione del futuro dimenticata e sorprendente: quella scintillante e allo stesso tempo oscura del ricchissimo John Jacob Astor, pubblicata più di un secolo fa. Un articolo dell’Indiscreto riassume questo romanzo (che è disponibile anche online), e mostra come un magnate americano dell’epoca (Astor apparteneva a una delle famiglie più ricche del paese) immaginava il mondo del 2000.

L’elettricità è ovunque, ogni casa ha una piccola pala eolica sul tetto, e ogni cosa è possibile grazie a quell’energia: perfino l’asse terrestre è stato raddrizzato grazie all’elettricità, in modo da eliminare le stagioni. Mentre i paesi europei si sono concentrati sulla corsa agli armamenti, Regno Unito e USA hanno colonizzato e assimilato il resto del mondo, rendendo Africa e Sud America delle zone di lingua e cultura anglosassone. Dovunque dominano la tecnica, il capitalismo e i Bianchi di lingua inglese, ai quali però un pianeta solo non basta più: i protagonisti del romanzo partono quindi per esplorare il Sistema Solare, vedono Giove e Saturno (che ospita gli spiriti dei morti terrestri), sempre con la prospettiva di conquistare, colonizzare e mettere a profitto quelle nuove frontiere.

Questo era il mondo “perfetto” da cui i protagonisti di Astor partivano per il loro viaggio verso i pianeti lontani: un futuro che rifletteva le fantasie di impero e colonizzazione dell’élite della Gilded Age. I loro incontri planetari sarebbero stati altrettanto rivelatori. Per i suoi personaggi, il mondo aveva raggiunto la perfezione ed era giunto il momento di imbarcarsi per le stelle: la prossima tappa del destino dell’umanità. (…)

Giove e Saturno (e presumibilmente gli altri pianeti, a tempo debito) erano luoghi da colonizzare. Erano posti in cui si potevano creare fattorie, scavare miniere ed estrarre risorse. Sono diversi solo in scala rispetto a come Astor immagina continenti come il Sud America e l’Africa del XX secolo: tele vuote, prive di soggetti, su cui dipingere sogni di supremazia. Naturalmente Astor non vide mai il futuro che aveva immaginato. Morì il 15 aprile 1912, la vittima più ricca del disastro delTitanic. Ma è chiaro che il futuro che immaginava e di cui scriveva era un futuro fatto su misura per uomini come lui.


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