Su L’Indiscreto una riflessione su tempo e comunicazione, a partire dall’ormai famoso sito di stoccaggio a lungo termine di rifiuti nucleari presso Onkalo, in Finlandia, e dei problemi concettuali intorno alla possibilità di rendere qualcosa comprensibile per diecimila anni.
Nel 1980, infatti, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti convocò un team di esperti di comunicazione non-verbale, antropologi e linguisti, per formare un gruppo di ricerca dal nome inquietante: lo Human Interference Task Force, la task force per interferire l’umano. Compito della task force era quello di trovare un metodo per comunicare, alle società del lontano futuro, il rischio di contaminazione nucleare. Il problema, dunque, era progettare un qualche tipo messaggio che sarebbe stato in grado di durare e rimanere comprensibile per circa diecimila anni. Come si legge nel documento ufficiale, il team di esperti convocati scrisse che le “present society should make all reasonable efforts to transmit to future societies information about the repository, its contents, and the risks of interference”.
Uno dopo l’altro, le proposte vennero scartate: i rapporti di causa-effetto possono essere invertiti, immagini e manufatti progettati per incutere timore possono diventare oggetto di fascino e interesse, il significato e il valore dei simboli più semplici può venire stravolto di significato. Nacque la semiotica nucleare.
Nel 1984, il German Journal of Semiotics, pubblicò un inquietante documento chiedendo a semiologi e filosofi di imbarcarsi nella ricerca di un modo per comunicare messaggi che trascendessero le immense distanze temporali. Tra gli accademici che vi presero parte, c’erano il linguista Thomas Sebeok, lo scrittore Stanisław Lem e i filosofi Paolo Fabbri e Francois Bastide. Questo gruppo notò che l’unica cosa che può durare così tanto tempo sono le pratiche: la cultura materiale di una civiltà. Come già detto, l’ebraismo è durato quasi tremila anni, e le pratiche – le tradizioni – vengono tramandate di generazione in generazione. Thomas Sebeok dunque propose la creazione di una Chiesa Atomica, un gruppo di esperti i cui membri verrebbero sostituiti tramite nomine da un consiglio. Simile alla Chiesa Cattolica – che ha conservato e autorizzato il suo messaggio per quasi 2000 anni – questa Chiesa Atomica avrebbe dovuto preservare la conoscenza dei luoghi e dei pericoli delle scorie radioattive creando riti e miti sulle aree proibite e le successive conseguenze.
La soluzione di Fabbri e Bastide, invece, era ancora più speculativa. I due accademici proposero lo sviluppo di cosiddetti “gatti bioluminescenti“. I gatti hanno una lunga storia di convivenza con gli esseri umani, resistono dall’Antico Egitto ad oggi, più di quanto qualsiasi altra cosa sia durata, e questo approccio presuppone che il loro addomesticamento continuerà indefinitamente. Dunque, questi gatti bioluminescenti avrebbero dovuto cambiare significativamente di colore quando si sarebbero avvicinati alle emissioni radioattive e servivano come indicatori di pericolo viventi. Tuttavia, per rendere il modello funzionante, l’importanza dei gatti sarebbe dovuta essere fissata nella coscienza collettiva attraverso fiabe e miti, a loro volta trasmessi attraverso la poesia, la musica e la pittura.
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