Negli anni ’80 del secolo scorso, due immensi paesi hanno provato ad effettuare la transizione da un’economia comunista a una di mercato: la Cina e l’URSS. I risultati sono noti: mentre l’URSS crollò rovinosamente nel giro di qualche anno, portando a una drastica caduta del tenore di vita della sua popolazione, la Cina avviò un percorso di crescita che l’ha portata a diventare la seconda economia più grande del mondo. Perché? In un articolo su Noema magazine, una pubblicazione sostenuta dal Berggruen Institute, Adam Tooze ricostruisce il dibattito sul tema.
Spesso si attribuisce la divergenza al fatto che l’URSS abbia seguito pedissequamente le proposte economiche occidentali, e in particolare la «shock therapy» formata dall’improvvisa e contemporanea liberalizzazione dei prezzi, austerità fiscale e privatizzazione, mentre la Cina ha proceduto in maniera più cauta e controllata.
In realtà, secondo Tooze, il dibattito teorico nei due paesi non era tanto diverso. La differenza più significativa era invece data dalla distribuzione del potere. Nell’URSS le aziende di stato e il complesso militare-industriale riuscirono a bloccare le riforme di Gorbaciov, il quale provò a contrastare i suoi avversari aumentando sussidi e investimenti: il risultato furono crescenti squilibri macroeconomici, e alla fine il crollo di tutto il sistema. In Cina, invece, nessuna parte della macchina statale era abbastanza forte da mettersi di traverso a Deng, e i prezzi furono quindi liberalizzati in maniera più graduale.
The problem was not, as Chinese critics like Xi Jinping sometimes allege, that the Soviet Communist Party had lost its grip, but that it proved too strong in cementing vested interests. It was extremely difficult to break the deadlock by pitting one interest group against the others. […] Foregrounding the political economy of the inflationary process is not meant to imply that intellectual history and arguments between economists don’t matter. But those arguments play out within a forcefield defined by factional and interest group competition. It is only when we paint that broader picture that we can reasonably compare the Chinese and Soviet experiences. Political economy explains why China had real options in the 1980s, whereas in Moscow, over the winter of 1991-92, there was no choice but to go through with the Big Bang.
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