L’articolo di Silvio Lorusso pubblicato su Il Tascabile esplora il rapporto tra massimalismo digitale e minimalismo abitativo.
L’autore riflette sulla telepresenza, evidenziando come la pandemia abbia accentuato la necessità di connessione digitale, ma anche la fatica delle videochiamate. L’equilibrio tra tecnologia e spazio abitativo è al centro della riflessione
La crescente digitalizzazione del telelavoro va inoltre di pari passo con una massimizzazione digitale in senso lato, di cui darei la seguente definizione: tutti i media, tutti in una volta. Afferiscono al massimalismo digitale concetti classici come “multimedialità” e il più recente immersività. Si può notare una tendenza massimalista nell’idea di metaverso di Mark Zuckerberg o nel nuovo visore della Apple. Il massimalista digitale aggiunge funzionalità, canali, formati e strumenti vecchi e nuovi come fossero ortaggi in un minestrone. Un esempio: c’è chi ha creato un’app che replica la vecchia televisione catodica all’interno della realtà aumentata del Vision Pro. Un designer parlerebbe in questo caso di scheuomorfismo, una strategia che è però sempre meno necessaria a livello cognitivo, mentre lo diventa a livello decorativo. Scorgiamo tracce di massimalismo anche in X/Twitter che insegue Instagram che insegue TikTok puntando sui video, sulle storie, sulle note: chi più ne ha più ne metta. Oppure nei podcast, che emulano un’altra “feature” di stampo casalingo: l’intimità del cazzeggio. O ancora nei generatori di immagini sintetiche come Midjourney, tra i cui parametri più in voga troviamo 8k, hyper-realistic, ultra, high-detail…
Il massimalismo digitale, con le sue videochiamate e l’incessante connettività, si scontra con il minimalismo abitativo. Verrebbe infatti da credere che la connettività possa contribuire a ridurre gli abitanti nei centri urbani, ma pare non sia così:
La storia dei media mostra però che la tesi della disurbanizzazione è falsa: la diffusione della linea telefonica ha infatti incrementato la popolazione urbana. È questo il risultato di uno studio del 1998 in cui Jess Gaspar ed Edward L. Glaser rilevano una correlazione positiva tra urbanizzazione e uso del telefono negli Stati Uniti e in particolare in Giappone. Si continua dunque a vivere nelle grandi città, mentre gli spazi di vita vengono erosi, in un continuo gioco al ribasso.
Sembra che qualcosa di simile sia accaduto con gli elettrodomestici:
Qualcosa di analogo è accaduto con gli elettrodomestici. Rendendo le faccende domestiche più rapide ed efficienti, avrebbero dovuto regalare più tempo libero alle casalinghe ma, come ha dimostrato la storica Ruth Cowan, hanno finito per innalzare gli standard di pulizia, creando più lavoro per i loro utenti finali. Gli standard di pulizia riflettono quelli, più generali, di una buona vita domestica, standard che però risultano sempre più irrealizzabili, specialmente nel contesto di crisi abitativa delle grandi e medie città. Tema affrontato con ironia da Alvar Aaltissimo (si vedano le sue “case milanesissime”) e con appassionato rigore dalla giornalista Lucia Tozzi, autrice de L’invenzione di Milano.
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