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Dall’OPG ai REMS: un processo travagliato

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A cura di @CountDuckula

L’articolo 222 del codice penale prevede l’internamento coattivo – volto al trattamento della pericolosità sociale e alla cura dell’infermità – in Ospedali Psichiatrici Giudiziari per i soggetti che hanno commesso delitti dolosi ma sono stati prosciolti per vizio totale di mente, dovuto a infermità psichica o intossicazione cronica da alcool o stupefacenti. Nelle intenzioni del legislatore era preminente l’intento terapeutico per questi individui, ma nei fatti questi ospedali sono diventati luoghi di reclusione a tempo indeterminato, in condizioni precarie e in strutture perlopiù fatiscenti.

Nel 2011 una commissione del Senato presieduta dal senatore Ignazio Marino mise a nudo la situazione di degrado in cui versavano le strutture e i detenuti, abbandonati a loro stessi. Lo scandalo generato dall’inchiesta portò a una legge che impose la chiusura degli OPG entro il 31 marzo 2015 e all’assegnazione dei detenuti a Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), che sulla carta dovrebbero avere un maggior numero di medici e personale sanitario, un ridotto numero di internati (non superiore a 20, mentre negli OPG si arrivava anche a 300) e intenti perlopiù terapeutici.

Nella realtà però i ritardi delle regioni e alcuni disegni di legge rischiano di vanificare gli sforzi fatti finora, come evidenziano un articolo dello scorso agosto del del Fatto Quotidiano ed uno più recente di Altreconomia.

Mentre pare che la chiusura degli ultimi OPG sia questione di giorni resta da vedere se le REMS diventeranno luoghi afflittivi o serie strutture per la cura dei soggetti internati, come sottolinea in questa riflessione il Direttore del DSM (Dipartimento di Salute Mentale) dell’AUSL di Parma Pietro Pellegrini.

 

Immagine CC BY-NC 2.0 di Inside Carceri da Flickr


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